In effetti, il napoletano – come dimostrano i seguenti termini desunti dal Vocabolario domestico del lessicografo Basilio Puoti – più che trarre origine dal lessico del tedesco moderno, trova radici etimologiche nella lingua degli antichi Germani, un insieme di popoli stanziatisi in Italia e in Europa verso la fine dell’Impero Romano d’Occidente (476 d. C.). Ecco alcuni esempi concreti.
“LOFFA”: deriva dal germanico luft (aria). In effetti tale termine è usato anche come epiteto in riferimento a donne che si danno arie, che si vantano. Si tratta, inoltre, di una parola onomatopeica, visto che si riferisce a un silenzioso e maleodorante fenomeno di meteorismo.
“UFFO”: estremità superiore del femore, osso lombare. Proviene da huf.
DRINCA’ o TRINCA’: bere alcolici, ubriacarsi, dall’antico alto tedesco trinkan.
“SCIARRA”: alterco fra giovani innamorati. Deriva dall’antico germanico zar, rissa.
“SPRUOCCOLO”: legnetto appuntito, piccolo ramo. È ricorrente in diversi modi di dire napoletani, quali “Addò arrivammo mettimmo ‘o spruòccolo”, esso risale al longobardo sproh (in germanico sprock), germoglio, ramo.
“NIX”: niente, nulla. Trae origine da nichts, che ha lo stesso significato.
“TACCARIÀ”: in senso letterale significa sforbiciare, tagliuzzare in modo diseguale avvalendosi di forbici male affilate. Per estensione sta per sparlare, fare maldicenza. E’ un verbo derivato dal vetero-germanico taikka, scheggia, segno.
“ZEPPA”: Derivante dal longobardo zippel, indica un pezzetto di legno usato per rammendare, riparare qualcosa.
“SPASSO”, dal tedesco spaß, nel senso di divertimento.
“SPARAGNARE”, risparmiare dal tedesco Sparen. Identico significato.
“SCIAMMERIA”: questo termine oggi significa coito, ma la sua origine non ha nulla a che fare con l’atto sessuale. In origine era, infatti, una giacca lunga che il Duca Armando Schomberg – generale francese del XVII secolo, ma di nascita e origini tedesche – fece utilizzare agli ufficiali tedeschi come uniforme, trasmettendole il suo nome. Da qui si è passati, nel gergo malavitoso, ad indicare il giovane guappo vistosamente abbigliato.
“VRENZULA”: letteralmente straccio, brandello di una veste, da brand. Utilizzato, però, con significati diversi: donne volgari; “fa’ na cosa vrenzule-vrenzule”, cioè veloce-veloce, superficiale; oppure “nun me fai dicere na vrenzula ‘e parola”, quando il nostro interlocutore è molto loquace e non non riusciamo a dire una ‘fetente’ di parola.