Di padre in figlio: Cristiano Panada e la vela nel cuore


L’amore per il vento e la vela di generazione in generazione.  Mare dentro intervista Cristiano Panada, figlio del velista guerriero Beppe Panada di cui vi avevamo raccontato la settimana scorsa.

Cristiano, tu hai fatto della vela la tua professione. Come e quando nasce questa tua passione e quanto ha influito tuo padre Beppe in questo?

Difficile rispondere; in realtà tutto nasce dalle vacanze estive in barca. Erano altri tempi si andava in vacanza a fine giugno con la chiusura delle scuole e si rientrava ai primi di settembre. Due mesi interi in barca a spasso per il Mediterraneo. O nasce una passione o diventi un alpino. Beppe non mi ha mai imposto o forzato a fare niente, semplicemente nei primi anni 80′ mi disse che c’era una leva gratuita di vela al Circolo Nautico Posillipo e mi chiese se volevo partecipare. Provai per gioco e da lì in avanti non ho mai più smesso di andare per mare.

Quale dei tuoi primi ricordi è legato al mondo della vela ?

Giugno 1980 appena 12 anni. Papà partecipò ad una regata in solitario, la OSTAR dall’Inghilterra agli Stati Uniti. Tutta la famiglia si trasferì a Newport e aspettammo il suo arrivo.
Una volta arrivato ci fece conoscere un mito della vela: Eric Tabarly. Ricordo come fosse oggi la visita a bordo del suo trimarano, il Paul Ricard, una barca a dir poco avveniristica per l’epoca. Credo sia stato uno dei momenti che ha segnato la mia vita.

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Beppe Panada

Tu sei un istruttore di vela. Spesso questo sport è stato confinato agli ambienti più abbienti della società. Puoi spiegarci come diventare velisti e cosa di affascinante e inclusivo nasconde questo sport?
Fortunatamente non è sempre così. Oggi molte Società veliche investono nei ragazzi di qualsiasi estrazione sociale e la Lega Navale Italiana è senza dubbio leader nella promozione della vela a tutti i livelli.
Non necessariamente bisogna iniziare da bambini; sono in tanti che si avvicinano a questo sport in età adulta e poi trasformano la curiosità in passione. Certamente bisogna avere la fortuna di trovare l’istruttore con cui si instaura il giusto feeling e che ti faccia scoccare dentro la scintilla.
Una lunga navigazione a vela, in notturna, è una di quelle cose che ti rappacifica con il mondo e ti offre delle sensazioni uniche.
Una planata attaccato al trapezio di un 470 al lasco ti da una scarica di adrenalina paragonabile a poche cose nella vita.
Saltare tra le onde con un windsurf è una sensazione indescrivibile. Io nel mio piccolo cerco di offrire ai miei allievi ed ai miei più fidati colleghi, la possibilità di vivere anche loro le stesse esperienze e  provare le stesse sensazioni che ho avuto la fortuna di provare io.

Come si fa a competere ad alti livelli agonistici nei prestigiosi circuiti regatistici internazionali?
Tanto lavoro. Come ogni sport, anche la vela a livello agonistico, richiede impegno e sacrificio.
Gli anglosassoni dicono “No pain, No Gain”. Inoltre la vela è uno sport di pazienza.
Come disse Bernard Moitessier: “La vela è una religione…ha i suoi riti. Se fa bello, fa bello. Se c’è vento, c’è vento. E se non c’è vento, si aspetta, si sorveglia. Hai fame, mangi. Hai sete, bevi. Ti prende sonno, dormi. È una scuola di pazienza”.

padre e figlio

Velisti di generazione in generazione: Cristiano Panada e suo figlio Giuseppe

Vivi e lavori a Napoli, una città che del mare ha vissuto e dal mare è nata.
Tuo padre stesso ha lavorato e vissuto a Napoli. Che mare si porta dentro oggi la città di Napoli, secondo te, e cosa si fa o si potrebbe fare di più per la vela?
Mi dispiace doverlo dire, ma Napoli è una città di mare al pari di Verona anzi a Verona c’è più gente che pratica vela nel vicino Lago di Garda.
Purtroppo c’è poca attività di promozione della vela nelle scuole e si da poco risalto ai risultati ottenuti a costo di mille sacrifici.
Se per strada chiedi chi è Messi ti risponde chiunque ma se chiedi chi è Alessandra Sensini ti rispondono nelle maniere più assurde, eppure ha regalato all’Italia 4 medaglie Olimpiche e circa una decina di titoli mondiali con il windsurf.
Napoli ha avuto e continua ad avere grandi atleti che non solo devono sacrificarsi fino all’inverosimile per conseguire un risultato e quando lo ottengono forse gli dedicano un trafiletto nella ultima pagina accanto all’oroscopo.
Io credo che il vento finalmente stia cambiando.
Con le ultime elezioni federali, il comitato regionale Campano ha acquistato un nuovo presidente giovane e intraprendete, l’ing. Francesco Lo Schiavo, il quale si sta prodigando fino all’ inverosimile per promuovere la vela in Campania e stimola tutti gli atleti informandosi e informando il pubblico su risultati e progressi.
Già da quest’anno avremo l’onore di ospitare i campionati Italiani Giovanili a partire dal 31 agosto al 7 settembre, manifestazione che porterà circa 800 atleti a darsi battaglia nelle acque del Golfo mentre per il 2015 ci saranno delle altre manifestazioni di alto livello.

Kurt Hahn, un pedagogo tedesco, diceva che i giovani hanno bisogno di sviluppare movimento, iniziativa personale, accuratezza nei lavori di precisione ed empatia verso l’altro.
Cosa può insegnare  la vela ai giovani ma anche a chi si avvicina per la prima volta a questo mondo?
E’ tutto estremamente soggettivo. Ci sono persone che si avvicinano alla vela per curiosità, chi per essere al passo con la moda del momento, chi costretto dal genitore insomma ognuno ha una motivazione diversa. Deve essere cura del bravo istruttore cercare di capire le motivazioni dell’allievo e fare perno su quelle per appassionarlo a questa disciplina. La vela di per sé insegna a orientarsi, a sviluppare i sensi ,a migliorare l’equilibrio, a rapportarsi con gli elementi.
Tanti allievi hanno poi fatto della vela un lavoro; chi è diventato istruttore, chi ha conseguito la patente nautica ed oggi fa lo skipper.

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Golfo di Napoli, regate Dicembre 2013

Tu ha navigato tanto. Qual’è il porto più caro che ti  porti nella mente e nel cuore?
Nantucket 48 km a sud di capo Cod, nello Stato del Massachusetts dove affondò l’Andrea Doria. L’approdo su quell’isola fu una delle avventure più straordinarie vissute con mio padre e la mia famiglia.

Arrivammo all’ imbrunire e per accedere al porto c’era un canale dragato delimitato da alcune boe. Il timoniere si distrasse e passammo all’ esterno di una boa. Ci incagliammo e nel giro di poche ore con la marea calante, la barca si sdraiò letteralmente sulla murata. Ricordo che papà ci condusse subito su una spiaggia li vicino per trascorrere la notte e al mattino alla alba la barca era completamente sdraiata sul fianco come una balena arenata.
Chiaramente tutto si risolse per il meglio e la guardia costiera ci trainò fuori e ed entrammo in porto.

Una notte straordinaria a modo suo e a distanza di 34 anni la ricordo come fosse ieri.


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