Poi descrive invece perché anche a Napoli si sentiva casa, quando invece era ad un oceano di distanza dalla patria argentina: “Molte cose in quella città mi facevano ricordare le mie origini e anche il quartiere La Boca. Mi resi conto che ci sarebbe stato da soffrire, da soffrire parecchio, ma sapevo che anche le imprese difficili erano quelle che preferivo. Giocare nel Napoli fu la migliore preparazione possibile per il Mondiale del Messico. Innanzitutto perché mi fecero sentire importante, mi fecero sentire necessario, cosa che ormai nel Barcellona non accadeva più. In secondo luogo perché ero obbligato a essere al top sul piano fisico per eludere le marcature di avversari sulla carta superiori. La lotta, nel Napoli, sì che si sentiva. Contro tutti e tutto. Era la battaglia del Nord contro il Sud, quella battaglia che mi fortificò e mi permise di fare ciò che più mi piace: difendere una bandiera. E se era la bandiera dei più poveri, meglio ancora“.
Si parla anche di Messi, quello che per molti è l’erede di Maradona, di cui Diego parla cosi: “Si prepari da solo, come feci io nell’86, per vincere i Mondiali nel 2018. Ma non potrà fare le cose che ho fatto io a Napoli”. Forse Messi non farà quello che ha fatto Maradona, ma un altro argentino, a Napoli, forse non ha ripetuto l’impresa di Diego ma ci si è avvicinato molto!