Lettera da brividi di Sosa a Higuain: “Caro Gonzalo, chi ama non dimentica”


Il tradimento di Gonzalo Higuain ha sconvolto l’intera tifoseria napoletana, che ha reagito con rabbia e lacrime e che continua a non darsi pace. Tra i tanti tifosi azzurri, c’è anche qualche ex giocatore, che ha fatto della maglia una sorta di seconda pelle e che ancora oggi vive in maniera viscerale emozioni belle e brutte. Tra questi, c’è il Pampa, Roberto Sosa che, attraverso le pagine de “Il Mattino“, ha parlato al Pipita a cuore aperto. Ecco la sua lettera:

“Caro Gonzalo, sì, ho pianto, in curva A, contro il Frosinone. Ultima partita di campionato, te la ricordi? E chi se la scorda più. Quella sera pioveva e la pioggia incessante accompagnava ogni gol che hai fatto, il tuo incredibile record e ha scatenato quelle emozioni meravigliose che soltanto il San Paolo ti può regalare. Io innamorato (calcisticamente) di te e della maglia azzurra pensavo: ancora il Frosinone, guarda te il caso. Contro lo stesso avversario, e con la numero dieci sulle spalle, ho segnato anch’io per l’ultima volta in serie C. Venimmo fuori da un incubo, si iniziava a vedere la luce. Che emozione quel dieci magico, il numero di Diego sulle mie spalle: chi ama non dimentica, caro Higuain.

Mai avrei immaginato che potessi lasciare questo popolo, questi colori, questa città. Lo puoi fare, ne hai tutto il diritto. Sei un top player, un campione, vuoi vincere. Ecco, lasci Napoli perché vuoi vincere! Ma cosa vuol dire? Non ci arrivo: io, che da calciatore non ho fatto nemmeno la metà di quello che tu sei riuscito a conquistare, ricordo ancora quando a Santa Rosa (in piena Pampa, la conosci vero?) il sabato o la domenica mangiavo velocemente e la mamma mi urlava dietro: “mangia tutto altrimenti non vai a giocare…”. Appunto. Io, come tutti, non le dicevo vado a vincere ma vado a giocare, a gioire con la passione e con l’amore che ci trasmette quel pallone che rimbalza impazzito mentre rotola su un prato verde. Prato verde si fa per dire perché noi ci divertivamo su un campetto duro come il cemento. Dove la palla era la stessa di sempre. Come gli amici del resto.

Vorrei fare l’allenatore, ho preso il patentino e un giorno mi piacerebbe poter allenare campioni come te. Non so se ci riuscirò. Ci proverò e non smetterò mai di sognare. Come hanno sognato tutti i tifosi del Napoli esultando ai tuoi gol e sentendoti cantare “difendo la città”. Se la buona sorte mi aiuterà e ne avrò l’opportunità, punterò su questi valori, su questa passione e magari su questi colori: gli stessi in cui quando tutto finisce, e restiamo soli guardando ci allo specchio, ci riconosciamo. Se non dovessi riuscirci, continuerò a sognare, continuerò a cantare. Sì, anche sotto la pioggia, come quella sera incredibile. Faccio fatica a comprendere la tua scelta. Ma ora capisco che quelle erano lacrime di un popolo che ti ha amato. Perché, caro Pipita, chi ama davvero non dimentica. Mai”.


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