L’urlo di Insigne e quei 10mila cuori: Napoli, la tua favola non è finita ieri


Mi è sembrato di vedervi tutti, all’ottavo minuto di un Real Madrid-Napoli che aspettavate da sempre e che vi ha tolto il sonno di molte notti. Vi ho immaginato correre come matti per i corridoi delle vostre case, urlare e piangere di gioia. Proprio a immagine e somiglianza di Insigne, che esultava incredulo come un forsennato, come a dire: “E’ successo davvero?”.

Vi ho immaginato e ho pensato che essere napoletani è diverso, che in quel campo non c’erano solo 11 calciatori, ma i sogni di un popolo intero che vive di entusiasmo ed emozioni. E la prova sono quei 10mila cuori azzurri che hanno sfidato distanza e pronostici per essere lì, in una serata da ricordare e da raccontare ai figli e ai nipoti di un domani.

Ho immaginato i pensieri di ognuno di quei piccoli, grandi campioni prima di calcare un palcoscenico visto solo nei videogiochi. Ho pensato a quanto l’Italia li faccia sentire inferiori, a quanto l’Italia CI faccia sentire inferiori. A quanto sia più dura nascere, crescere, e vivere al Sud, a quanta forza in più serva per mettere la testolina fuori e dire: “Ci sono anche io”. Ho visto Insigne completamente frastornato nei primi 2-3 minuti, e l’ho immaginato bambino tirare calci ad un pallone nei vicoli di Frattamaggiore, sognando di giocare una partita contro i più grandi di tutti.

E vi dico la verità, dopo quell’ottavo minuto ho immaginato anche di vincere. Ma il Real Madrid è il Real Madrid, e alla lunga ha dimostrato cosa significhi esserlo. Noi troppo spaventati, loro troppo sicuri di sé. Noi spreconi, loro bravi ad approfittare delle occasioni create. Ma loro giocavano in casa, noi eravamo nella tana del leone. Si poteva fare di più? Non lo so. Forse si poteva scendere in campo meno timorosi, forse si poteva osare di più, forse si poteva buttare dentro Milik un po’ prima, ma con le ipotesi non si cambia la storia.

Ma il punto non è solo questo. Il punto è che la favola del Napoli continua anche senza aver vinto. La favola è esserci stati, averci creduto, averci sperato, averla vissuta, aver messo paura anche a chi paura non ne ha mai, aver sentito l’adrenalina, aver sentito di poter fare la storia.

E la favola è anche esserci ancora, crederci, sperare, viverla ancora, mettere di nuovo paura a chi paura al San Paolo ne avrà sicuramente di più, sentire l’adrenalina, sentire di poter fare la storia.

La favola, semplicemente, è capire che non siamo più una “sorpresa”, la favola è capire che siamo una certezza ma anche una continua scoperta.

La favola è sapere di dare fastidio a chi vorrebbe dividere l’Italia in due. La favola è salire a poco a poco un gradino in più. La favola è perdere ma trovare sempre un motivo per urlare più forte.

La favola è il modo tutto nostro che abbiamo di emozionarci e di sognare. Che sia calcio, o che sia vita. E il 7 marzo, comunque vada, sarà un giorno indimenticabile. E se qualcuno ci chiama ridicoli, noi lasciamoli parlare.


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