Derby posticipato: il fallimento della Lega di A in tre mosse


Una cosa è certa, la penultima giornata di Serie A sarà sicuramente pirotecnica. Nelle stanze del palazzo, quelle della Lega Calcio, si sente già puzza di bruciato. Colpa delle micce accese dal presidente della Lazio Claudio Lotito, che ha richiesto e ottenuto che il derby della Capitale fosse posticipato a lunedì. Colpa, però, soprattutto dell’incompetenza del sistema sportivo italiano e del menefreghismo e dell’ingordigia delle parti che lo compongono. Stato, Lega e club, si salvi chi può. Ma nessuno getti la prima pietra, hanno già colpito abbastanza.

Tre i peccati, pardon gli errori, commessi dal massimo organismo calcistico italiano. Gravissime, tuttavia, anche le connivenze dei loro complici: lo Stato e i presidenti stessi. All’ordine del giorno vi sono il derby posticipato, la non contemporaneità di Juve-Napoli e Lazio-Roma, e l’esiguo tempo di recupero concesso ai bianconeri per la sfida contro i partenopei. Davvero non si sa da dove cominciare. Niente paura, però, perché se il tempo è galante basterà affidarsi alla cronologia degli eventi.

Già, perché la madre di tutte le sciagure di questa 37. ma giornata di Serie A in realtà risiede molto più lontano di quanto non si possa pensare, in un luogo – più che in un tempo – dove in questi giorni nessuno è andato a cercare, nelle tasche dei club italiani e dei dirigenti della Lega Calcio. Delle tre scelte sotto la lente dei riflettori, infatti, la più invereconda è senza dubbio quella della mancata contemporaneità delle ultime giornate di campionato, a prescindere dalla sfide programmate dal calendario. Un’assurdità inspiegabile, infatti, che almeno le squadre in lotta per lo stesso obiettivo non debbano disputare le loro partite nella medesima fascia oraria. In realtà è anche giusto e bello pensare che Lazio e Roma giochino alla morte per vincere il derby anche nel caso in cui un pareggio qualificherebbe entrambe alla prossima Champions League, ovvero se il Napoli dovesse perdere a Torino.

Onde evitare qualsiasi sospetto e spegnere ogni tipo di polemica sul nascere, però, sarebbe stato meglio far giocare le due sfide in questione allo stesso orario, perché poi i derby possono finire in pareggio anche senza biscotti e pastette, ma almeno in quel caso nessuno avrebbe nulla da ridire. Fa bene, dunque, il Napoli a chiedere la contemporaneità, come fatto già ieri sera dopo il successo contro il Cesena, che ancora alimenta le speranze europee degli azzurri. Qualcuno, però, chieda anche perché non era già prevista e gli sarà risposto che il motivo ha la forma di un rettangolo, il colore del prato e la faccia di un teleschermo: sono i soldi delle pay tv. Non si dia la colpa a quest’ultime, però, ma a chi accetta di buon grado certi compromessi pur di avere i portafogli un po’ più gonfi. Inutile dire di chi si tratta.

Meglio, invece, andare al punto due, perché se il Napoli e i suoi tifosi hanno il sacrosanto diritto di chiedere la contemporaneità col derby posticipato, anche le romane in realtà avrebbero molto di cui lamentarsi. Inaudito che la Juventus possa giocare una sfida affascinante come quella contro i partenopei sabato alle 18, cioè soltanto tre giorni dopo la finale di Coppa Italia (in programma mercoledì 20 contro la Lazio). La Lega stavolta è addirittura recidiva e risulta strano che già nella prima circostanza nessun’altra squadra se ne sia lamentata. I campioni d’Italia, infatti, lo scorso sabato hanno affrontato l’Inter dopo che il mercoledì appena antecedente avevano lasciato al Bernabeu ogni barlume d’energia per conquistare una storica finale di Champions League contro il Real Madrid. Morale della favola Allegri in campionato ha lasciato a casa sei titolarissimi e ha schierato una squadra che sembrava – con tutto il rispetto – in vacanza. Fiorentina, Sampdoria, Genoa e Torino – in lotta per un posto in Europa League coi neroazzurri – avrebbero potuto protestare. Che poi la “vecchia signora” sia riuscita comunque a battere gli uomini di Mancini 2-1 dice molto più della pochezza dell’Inter più che dell’abnegazione e della forza della Juve, assolutamente fuori discussione.

Sabato, se la richiesta del Napoli non sarà accolta, si rischierebbe di trovarsi di fronte ad una situazione praticamente identica. In questo caso, anzi, c’è pure un’aggravante: la Juve dopo la notte di Madrid era costretta a giocare il sabato successivo, visto che domani ci sarà appunto la finale di Coppa Italia ed è chiaro che le convenisse riposare di più in vista di quest’ultimo match anziché quello contro l’Inter. Stavolta, però, la compagine degli Agnelli dopo il Napoli avrà un’intera settimana di allenamento prima dell’ultima di campionato e ben due prima della finale di Champions col Barcellona. Davvero incomprensibile, dunque, la scelta della Lega Calcio.

Quasi veniale, a confronto dei primi due clamorosi errori, la decisione riguardante il derby posticipato. Il fischio d’inizio della stracittadina romana passa dalle 15 di domenica pomeriggio alle 18 di lunedì. Più che il Napoli o i giallorossi stessi, una scelta che colpisce i tifosi delle due squadre. In effetti Lazio-Roma era già programmata per il giorno successivo a quello di Juve-Napoli, per cui il posticipo non aggiunge altro fango sulla non contemporaneità dei due big-match, mentre alla squadra di Garcia non cambia nulla se non la possibilità di affrontare un avversario un po’ più fresco di quanto non sarebbe stato il giorno prima. La decisione va, invece, a tutto svantaggio dei supporter romani. Qualcuno, infatti – se non molti -, dovrà rinunciare ad andare allo stadio perché impossibilitato dal lavoro. E sarà una magra consolazione quella di ricevere il rimborso del biglietto promesso da Lotito. La verità, in questo caso, è che il presidente biancoceleste non ha fatto alcuna richiesta esagerata, visto che la sua squadra si è improvvisamente trovata a dover disputare la finale di Coppa Italia proprio a metà tra due sfide cruciali come quelle con Sampdoria e appunto Roma, e anche il più piccolo accorgimento nella preparazione di queste sfide può valere questa e anche la prossima stagione. Il vero problema è forse che lo Stato non riesce a far disputare una partita di sera, perché del tutto incapace di gestire l’ordine pubblico, come ampiamente dimostrato in una molteplicità di occasioni? Troppo facile aggirare i problemi, anziché cercare di risolverli. Così come troppo facile risulta lamentarsi solo quando si profila una necessità impellente che riguarda se stessi. Ecco perché evidentemente la Lega Calcio, come anche lo Stato e i club, dovrebbero recitare un grosso mea culpa.

 

 


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