La maglia azzurra: dalle origini imperiali ai cambi look di De Laurentiis


“Solo la maglia, tifiamo solo la maglia”, quante volte avremo ascoltato questo coro negli stadi di tutta Italia e in particolare al San Paolo. Non è una frase fatta, ma una vera e propria dichiarazione d’amore verso dei colori da cui ci si sente rappresentati e che il tempo non potrà mai sbiadire. Quelli del Napoli sono l’azzurro e il bianco (i risvolti), tutto il resto, i presidenti, le società, gli stadi e persino i giocatori possono anche passare – beh forse tranne uno, ma quella di Diego Armando Maradona è un’altra storia. Se, però, l’attaccamento dei tifosi napoletani alla maglia azzurra è risaputo, meno note sono le motivazione che portarono la squadra cittadina a vestirsi proprio d’azzurro.

Bisogna risalire molto indietro nel tempo per scoprirlo, ad un periodo in cui il Napoli ancora non esisteva nemmeno. Siamo nel 1904 quando un inglese di nome William Poth e l’ingegnere napoletano Amedeo Salsi fondano il Naples Cricket and Football League. Il neonato team gioca alla Pignasecca, mentre come colore sociale adotta il blu mare. Nel 1911, tuttavia, a causa di divergenze interne al club si forma un’altra squadra, l’Internazionale, dalla maglia blu notte. Quest’ultima disputa le sue gare in via Medina. Le due società nel 1922 sono, tuttavia, costrette a ricongiungersi per motivi economici. E’ allora che per la prima volta compare indosso ai giocatori una maglia azzurra coi risvolti celesti.

maglia

 

E’ il preludio alla nascita dell‘Associazione Calcio Napoli, sorto l’1 Agosto del 1926, grazie all’intraprendenza e alla passione del giovane imprenditore napoletano Giorgio Ascarelli. Quest’ultimo opta per la maglia azzurra in onore della storia della città e soprattutto dei Borbone, la Real Casa che aveva regnato su Napoli dal 1734 al 1798 e che aveva nel proprio stemma l’azzurro dell’antica dinastia capetingia.

stemma

 

Il completo partenopeo è poi completato da pantaloncini e calzini bianchi. Di fatti è questa la divisa del Napoli fino agli anni Settanta, anche perché la maglia azzurra non ricorda solo la vecchia dominazione borbonica, ma anche il cielo e il mare della città.

L’unica grande eccezione è datata 1965-1966, quando l’allora presidente Roberto Fiore opta per una striscia diagonale azzurra che attraversa una maglia bianca. Più che un capriccio estetico il suo è un vero e proprio gesto scaramantico. Indossata, infatti, in occasione di una gara contro un’altra squadra dai medesimi colori, Fiore e il tecnico Pesaola si convincono che porti fortuna, visto il risultato positivo ottenuto. D’altronde lo stesso Bologna, con un casacca simile (anche se con colori ovviamente rossoblù) inanella proprio in quel periodo una grande striscia di vittorie. La decisione del tutto superstiziosa alla fine dà comunque ragione al Napoli, che infatti a fine campionato festeggia la promozione in Serie A.

maglia napoli

 

Bisogna attendere, invece, gli anni ’80 per notare un’altra variante sulla maglia azzurra partenopea, ovvero la comparsa degli sponsor. Il primo risale alla stagione 1981-1982: quello tecnico è Ennerre, quello ufficiale è Snaidero. La divisa è in tessuto acrilico con pantaloncini e numeri neri, con il ciuccio (leggi la storia del simbolo del Napoli) stilizzato in alto a sinistra della maglia. Nel 1985-1986 fa il suo esordio, invece, la maglia a maniche corte, promossa dal nuovo sponsor ufficiale, la Buitoni. Due anni dopo diviene la maglia del primo Scudetto.

maglia-azzurra

 

 

Molto più “originali” le casacche degli anni Novanta e degli anni Duemila, quando ci si sbizzarrisce nell’inventare nuovi modelli e nuove combinazione dei classici colori bianco e azzurro. Ma la palma della mise più innovativa spetta – e non poteva essere altrimenti – ad Aurelio De Laurentiis, che negli ultimi anni ha proposto addirittura una maglia azzurra jeansata. Per non parlare, poi, delle divise militari.

second maglia del napoli

maglia-napoli-mimetica

 

 

 


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