I Napoletani e l’ironia che demolì l’imponenza di Hitler


Perché i napoletani hanno una marcia in più? Perché mantengono dalla loro parte un’ironia innata che sembra salvarli da ogni situazione, anche (e forse soprattutto) quando la ruota gira a loro sfavore. Un’ironia che sembra mettere radici nell’assoluta insofferenza di questo popolo ai totalitarismi, alle oppressioni e alle costrizioni dei regimi.

Proprio questa capacità tutta partenopea tanto cara solo a pochi altri popoli, trova “sfogo” in un articolo di Corrado Ocone pubblicato su La Lettura del Corriere della Sera dal titolo «Ci aiuterà (forse) una risata – L’importanza dell’ironia: da Socrate ai napoletani».

Nel suo articolo Ocone si sofferma proprio sull’ironia come patrimonio culturale di un popolo, come sapere antico che permette di evitare il sopravvento di inutili e sterili assolutismi e/o razionalismi. Per spiegare la sua teoria, l’autore sceglie di raccontare un aneddoto che, in poche semplicissime battute, sembra spiegare efficacemente la naturale propensione dei napoletani all’ironia e al sarcasmo.

«Il padre di un mio amico – racconta Ocone – raccontava che durante la visita di Hitler a Napoli nel 1938 un folto pubblico fu schierato lungo via Caracciolo, in attesa del suo passaggio su una macchina scoperta. Quando il Fuhrer passò in piedi nella macchina e tese il braccio nel saluto nazista, una voce dal pubblico non identificata ruppe il silenzio della cerimonia dicendo: Sta verenn’ si for’ chiove (sta controllando se fuori piove). In quel momento suo padre capì che il totalitarismo non avrebbe mai potuto conquistare l’animo dei napoletani. E probabilmente proprio per quel senso innato dell’ironia, quella capacità di non prendersi troppo sul serio».

Hitler

Quella risata sfoggiata per esorcizzare i tanti (troppi) problemi della città, quel senso dell’ironia tagliente in grado di spiazzarti e demolirti al contempo, fanno del Napoletano un vincente rispetto agli eventi, perché ridere, lo ha detto qualcuno prima di noi, allunga la vita!


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