“Davide Bifolco vittima di Stato, non di Napoli”


Bifolco non è vittima di Napoli, è vittima dello Stato. Da un editoriale scontato come quello di Libero, ignorante nel disconoscere le vere dinamiche della città e intellettualmente sterile nel giustificare il crimine con il solito luogo comune tipico di chi fa il mestiere di giornalismo all’italiana, ad un editoriale lucido e obiettivo come quello di Salvatore Altiero de Il fatto quotidiano.it. Contro la retorica razzista, contro l’ignoranza acuta di chi condanna il contesto sociale come unica causa di crimine e allo stato di guerra proclamato dalle istituzioni in mancanza di ulteriori giustifiche al deserto in cui lascia navigare la città si contrappone il concetto di “Stato di ingiustizia”.

Salvatore Altiero, biografia

“..alle responsabilità individuali vanno sommate quelle di un intero sistema. La teatralizzazione e l’esercizio di prosa sul disagio, sulla situazione di criminalità diffusa, in questo caso non servono a raccontare la realtà ma a trasfigurarla, ad agevolare un’impunità pretesa con arroganza istituzionale. E poi a riempire le pagine vuote di chi scrive seduto ad una scrivania senza sapere nulla della realtà delle strade che racconta….” 

 Ingiustizia di informazioni pulite, ingiustizia nel subire le solite becere discriminazioni generalizzate, ingiustizia nel vivere in un paese individualista capace solo di attaccare e divulgare diffamazioni nei confronti di un intero popolo che lotta per primo per una Napoli migliore.

Bisogna spiegarlo alla stampa, a chi sul web per intrattenere il suo pubblico pensa di poter giudicare un contesto non sapendo neanche di cosa si stia parlando, bisogna far capire che Napoli è vittima di un’Italia indifferente e superficiale. Di Napoli nessuno ne può parlare, neanche gli stessi napoletani e chi invece davvero potrebbe esserne in grado di farlo, tace. Perché la verità che Napoli è tante cose, è cattiveria e amore innato, è camorra allo stato puro, è microcriminalità che prende piede dalle periferie, da quelle stesse periferie pericolose che sono comuni a tutte le grandi metropoli, ognuna con un proprio capo camorra, ma si parla sempre e solo di Napoli, perché del resto a soffrire è in realtà chi, da fuori, esterrefatto, non accetta che nonostante qui si muoia e si sopravvive, si va avanti, illusi e felici, con una nuova dose di rabbia in più per ritornare a credere che non si morirà più per abbandono sociale.


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI