Le forze dell'ordine con i manifestanti contro il genocidio a Gaza
Adesso anche le forze dell’ordine sono con i manifestanti. O, almeno, cominciano ad esserlo apertamente, anche per strada, abbassando scudi e manganelli. Poliziotti e carabinieri prima di essere tutori dell’ordine che eseguono i comandi dei “piani alti”, sono esseri umani proprio come tutti. E proprio come tutti devono portare il pane a casa.
La narrazione malata di un’Italia abituata a pensare in maniera dicotomica – o sei con me, o contro di me – viene meno sempre di più. E non potrebbe essere altrimenti proprio adesso, con un genocidio in Palestina che sta facendo sorgere una coscienza davvero collettiva in una nazione dalle tantissime divisioni. L’avversione ai crimini di guerra unisce, dalle Alpi a Lampedusa, tutti gli italiani. Quei crimini orrendi vedono la complicità dello Stato Italiano che contribuisce alla pulizia etnica, agli stermini di bambini e donne, attraverso l’invio di armi e i finanziamenti diretti o indiretti all’economia di guerra di Israele.
Certo, alcuni scontri tra manifestanti e forze stanno avvenendo in queste ore. Sono fatti gravissimi e da condannare. Non viene però meno l’integrità di chi chiede la cessazione della complicità al genocidio, né quella di chi per lavoro ogni giorno dà un bacio ai propri figli ed esce di casa per garantire la sicurezza di tutti.
I popoli che manifestano fanno la Storia, ma la Storia passa sotto i nostri occhi attimo dopo attimo. Ora, proprio ora è il momento di urlare: non nel mio nome. È il momento di alzare le mani al cielo, aperte, e mostrarle pulite. È il momento di schierarsi dalla parte giusta della Storia. Per dire, domani, che abbiamo provato a fare qualcosa.
Impari la lezione quella parte di politica che, da sempre, è abituata a riempirsi la bocca di slogan di convenienza in favore degli uomini delle forze dell’ordine. Prenda ad esempio: ecco cosa significa essere umani.