Il giudice: “Dire ‘terrone’ a qualcuno non è diffamazione”
Secondo Nicola Mazzarella la “razza terrona” non esiste così come la “razza polentona”, dunque non esistono neppure i terroni e allora non costituisce reato di diffamazione essere chiamati così. Secondo il giudice di pace infatti “il reato si configura solo quando è riferito a un’etnia o gruppo religioso”, ma non esistendo – a suo avviso – la popolazione terrona è di conseguenza impossibile usare il termine in senso negativo.
Una decisione che a nostro avviso non tiene conto della realtà dei fatti. L’insulto terrone viene utilizzato notoriamente in senso dispregiativo nei confronti dei meridionali, un uso talmente comune che viene riportato perfino dai vocabolari della lingua italiana. Il Treccani online riporta infatti: “terróne s. m. (f. -a) [der. di terra, prob. tratto dalle denominazioni di zone meridionali quali Terra di Lavoro (in Campania), Terra di Bari e Terra d’Otranto (in Puglia)]. – Appellativo dato, con intonazione spreg. (talvolta anche scherz.), dagli abitanti dell’Italia settentr. a quelli dell’Italia meridionale”.
Il giudice Nicola Mazzarella sembrerebbe aver preso proprio un abbaglio, anche considerata la sentenza 42933/11 della Corte di Cassazione che conferma una sentenza di condanna di un cittadino del nord che veniva chiamato dal vicino di casa “terrone di merda”, definendo l’espressione “odiosamente razzista”. I giudici in quell’occasione hanno infatti ritenuto che “Con la medesima tecnica dell’assimilazione denigratoria il vicino è stato paragonato, non solo a un rifiuto organico, ma anche a un individuo che, per la sua origine, è evidentemente ritenuto obiettivamente inferiore (ovviamente da V. G., che ha offeso A. C. e gli italiani del Sud)”.