“Il Sud è egoista e violento”: lo insegnano tra i banchi di scuola


La studentessa napoletana Camilla R. ha segnalato alla pagina Facebook Briganti quanto riportato dal proprio libro di testo, “La discussione storica” stampato da Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori. Il capitolo dedicato alla questione meridionale si apre con un’introduzione che ha sdegnato la ragazza, soprattutto perché si tratta di parole scritte da persone che hanno alle spalle titoli accademici e anni di studio:

“sul tronco di una differenza di sviluppo economico hanno preso forma un’organizzazione sociale e un’identità civile profondamente diverse da quelle delle regioni centro-settentrionali. Esse sono dominate da un individualismo diffidente, nel quale gli interessi della famiglia o del clan si antepongono, e inevitabilmente si contrappongono, a quelli dello stato e della collettività nazionale; su questo sottofondo pesano gli intrecci clientelari e la pervasività della violenza come pratica diffusa e sostanzialmente accettata per la risoluzione dei conflitti, sul cui tronco sono sorte associazioni criminali di dimensioni gigantesche. mafia, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita non solo gestiscono traffici illeciti su scala planetaria, ma costituiscono un “antistato” che contende al potere legittimo il controllo del territorio”.

La società del Sud viene dunque dipinta non come un insieme di persone, ma un insieme di famiglie o clan in lotta contro lo Stato; non c’è spazio per le persone semplici, ognuno appartiene a un gruppo più ampio dove la prassi sono la violenza e la criminalità. Il modello positivo, nemmeno a dirlo, sarebbe quello centro-settentrionale.

Gli autori del testo scolastico non dicono tuttavia che la parola “mafia” non esisteva prima dell’Unità d’Italia, né che le organizzazioni criminali citate sono divenute tali, cioè consistenti e potenti, dopo e grazie alla “campagna meridionale” di Giuseppe Garibaldi: furono i picciotti ad aiutare le camicie rosse a prendere il controllo della Sicilia, fu la camorra a scortare l’ingresso di Garibaldi a Napoli e a sorvegliare, con brogli e violenza sia fisica che morale, il plebiscito di annessione della città partenopea al Piemonte. La criminalità ebbe perciò un ruolo determinante nel compiere l’Unità nazionale, fatto di cui chiesero conto i parlamentari meridionali del neonato Regno d’Italia, sempre seppellito sia dallo Stato sia dagli storici. Fatti che all’estero sono pacifici, dimostrati e di cui si parla senza problemi, mentre in Italia sono censurati.

Essi sorvolano inoltre sul pentimento di Garibaldi per essere sbarcato in Sicilia togliendo il Sud ai Borbone, per darlo ai Savoia, sorvolano sullo scippo al Sud compiuto da Cavour e Vittorio Emanuele II, sorvolano sui veri motivi del sorgere della questione meridionale, creata ad arte dall’Italia.

Non possiamo non accennare, infine, ai recenti fatti di cronaca per quanto riguarda il presunto forte senso dello stato al Centro-Nord: Mafia Capitale, Mose, scioglimento del consiglio regionale del Piemonte, Expo di Milano, rimborsopoli e chi più ne ha più ne metta, sono scandali che non hanno riguardato il Sud, bensì l’altra parte della nazione, quella che gli scrittori del libro suggeriscono come modello.


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