Istat, allarme al Sud: si muore di più rispetto al Nord, disoccupazione alle stelle


L’Istat ha pubblicato il rapporto Noi Italia 2016, 100 statistiche per capire il Pese in cui viviamo. Noi Italia offre una selezione di indicatori statistici che spaziano dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, alle condizioni economiche delle famiglie, alla finanza pubblica, all’ambiente, mettendo in luce le differenze regionali che caratterizzano il Paese e la sua collocazione nel contesto europeo. Dal quadro generale emerge che il divario tra Nord e Sud cresce inesorabilmente, portando a condizioni di vita nel Mezzogiorno molto peggiori rispetto alle altre aree del Paese.

CONDIZIONI ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE

Per quanto riguarda le condizioni economiche delle famiglie, forte svantaggio del Mezzogiorno dove nel 2014 le famiglie in povertà relativa sono il doppio della media nazionale, mentre quelle in povertà assoluta sono l’8,6% (circa la metà nel Centro e nel Nord). Le situazioni più gravi in Calabria e Basilicata (quasi un terzo delle famiglie), mentre il Trentino-Alto Adige segna l’incidenza più bassa.

L’ammontare di individui che vivono in famiglie in condizione di grave deprivazione supera il milione sia in Sicilia sia in Campania (rispettivamente 26 e 18,7% della popolazione residente nel 2014). Le quote più contenute si rilevano in Valle d’Aosta (9,5%, circa 12 mila individui) e in Molise (8,9%, oltre 28 mila individui). Il valore del Mezzogiorno (19,9%, oltre 4 milioni di individui) è più elevato di quello rilevato in tutto il Centro-Nord (7,2%, quasi 3 milioni di individui).

SALUTE

La spesa pubblica pro capite a livello regionale è molto variabile per le differenze esistenti nelle condizioni socio-economiche e nei modelli di gestione dei sistemi sanitari regionali; nel Mezzogiorno è decisamente inferiore alla media nazionale. Anche il contributo delle famiglie alla spesa sanitaria totale è più basso nel Mezzogiorno (18,4% nel 2013), in particolare in Campania, Sicilia e Sardegna; le incidenze più alte si registrano in Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna. I posti letto ospedalieri mostrano un forte divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno: nel 2012 si passa da 2,7 posti letto ogni mille abitanti in Calabria ed in Campania a circa 4 nella provincia autonoma di Trento e in Emilia Romagna.

Nel Mezzogiorno la mortalità per tumori è inferiore alla media nazionale, mentre la mortalità per malattie del sistema circolatorio, sia per i maschi che per le femmine, è più elevata della media; anche la mortalità infantile è più elevata nel Mezzogiorno ed il miglioramento nel tempo è più lento in queste regioni svantaggiate. Il consumo di alcol a rischio e l’obesità mostrano situazioni territoriali contrapposte: nel Centro-Nord è più alta la quota di consumatori di alcol, nel Mezzogiorno quella di persone obese. Per i fumatori, le quote più elevate si rilevano in Campania, Umbria e Lazio.

ISTRUZIONE

Le regioni presentano comportamenti tra loro differenti per la spesa in istruzione e formazione. Il Mezzogiorno, con una più numerosa popolazione in età scolare, ha la maggiore incidenza sul Pil della spesa in Istruzione.

La quota di adulti poco istruiti sfiora il 50% nel Mezzogiorno, con una partecipazione degli stessi ad attività formative più bassa rispetto alle altre ripartizioni. Nonostante i progressi degli ultimi anni, per gli abbandoni scolastici il divario territoriale rimane elevato, con una distanza di quasi 9 punti percentuali tra il Nord-est e il Mezzogiorno, dove l’incidenza è più alta. In Sicilia e Sardegna circa un giovane su quattro non prosegue gli studi dopo la licenza media. Nel Centro-Nord si registrano i più alti tassi di partecipazione dei 15-24enni al sistema formativo (in particolare in Emilia- Romagna e Lazio); il Mezzogiorno è distanziato di circa 9 punti percentuali (con il valore più basso in Basilicata). Anche la quota di 30-34enni con titolo universitario è differenziata sul territorio: nel 2015 nel Centro-Nord l’indicatore si colloca in quasi tutte le regioni al di sopra della media nazionale, mentre nel Mezzogiorno è inferiore di oltre 5 punti percentuali.

I giovani che non lavorano e non studiano diminuiscono in tutte le ripartizioni, anche se con intensità differenti: la riduzione maggiore si riscontra nel Centro, le incidenze più elevate si confermano nel Mezzogiorno.

LAVORO

Nel 2015 nelle regioni del Nord sono occupati quasi sette 20-64enni ogni dieci, mentre nel Mezzogiorno non si arriva a cinque; più contenuti, sebbene in crescita, i divari del tasso di occupazione 55-64 anni, con una distanza di quasi 19 punti tra il valore più basso, in Sicilia, e il massimo della provincia autonoma di Bolzano. Nel 2013 il Mezzogiorno presenta l’incidenza del lavoro non regolare più elevata del Paese, mentre il Nord mantiene la minore.

Nel 2015 forti differenze persistono anche per il tasso di disoccupazione, con un valore del Mezzogiorno di poco inferiore al 20%. La disoccupazione giovanile è cresciuta in sei regioni, con un aumento particolarmente consistente in Sardegna e Calabria; in quest’ultima regione la disoccupazione giovanile arriva al 65,1%. La riduzione della disoccupazione di lunga durata interessa oltre la metà delle regioni e ha coinvolto soprattutto le donne. Ad esclusione della Sardegna, nelle regioni del Mezzogiorno oltre 6 persone su 10 cercano lavoro da oltre un anno.

MACROECONOMIA

Nel 2014 nel Centro-Nord il Pil pro capite è sceso del 10,0% rispetto al 2005; nel Mezzogiorno la caduta è stata più intensa (-11,7%). Il divario territoriale si mantiene ampio in termini di livello, con valori più bassi in Calabria e Campania (inferiori a 16 mila euro), più elevati nella provincia autonoma di Bolzano e in Valle d’Aosta, seguite da Lombardia, provincia autonoma di Trento, Emilia-Romagna e Lazio, tutte con valori superiori ai 30 mila euro.

Le ripartizioni territoriali con le quote più elevate di esportazioni sono il Nord-ovest (40,2%) e il Nord-est (31,8%); in particolare, la Lombardia (27,5%) è anche la regione con il maggior numero di operatori all’export (oltre 61 mila).
Nel 2013 la quota dei consumi finali interni sul Pil è molto elevata nelle regioni del Mezzogiorno, superando il 100 per cento in Calabria, Sicilia, Sardegna e Puglia; il valore minimo si registra in Lombardia. Il prolungarsi della crisi economica ha comportato una diminuzione della quota degli investimenti sul Pil in quasi tutte le regioni.

La crescita della produttività del lavoro supera la media nazionale nel Nord (1,3%) e nelle Isole (1,4%), mentre è inferiore nel Sud (1,0%) e nel Centro (0,7%). Tutte le regioni del Mezzogiorno si collocano in fondo alla graduatoria del valore aggiunto per ora lavorata; Lombardia e Trentino-Alto Adige registrano livelli notevolmente superiori alla media nazionale.

Nel 2015 quasi tutte le regioni registrano un ulteriore rallentamento dell’inflazione, con tassi compresi tra -0,2% di Emilia-Romagna, Umbria, Puglia e Sardegna e +0,5% della provincia autonoma di Bolzano. Con metà delle regioni in deflazione, il rallentamento si manifesta con maggiore intensità nel Mezzogiorno.

FINANZA PUBBLICA

La spesa statale regionalizzata per abitante in Italia è cresciuta di quasi l’1% rispetto al 2012, anno in cui era scesa del 2,6% nel confronto con l’anno precedente.

Tra le ripartizioni, il Nord-ovest e soprattutto il Mezzogiorno presentano un calo della spesa statale per abitante fra il 2012 e il 2013; la diminuzioni più consistente si registra in Valle d’Aosta, seguita da Friuli-Venezia Giulia, Basilicata e Puglia. Gli aumenti più consistenti si riscontrano in Trentino-Alto Adige, Lazio, Piemonte e Abruzzo. La spesa statale regionalizzata per abitante del Centro-Nord risulta essere sistematicamente superiore a quella del Mezzogiorno.


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