Guido Bourelly, pres. Piccola Industria: “Napoli come Barcellona negli anni ’90. Che belli i Quartieri Spagnoli”


Abbiamo avuto il piacere di intervistare in esclusiva Guido Bourelly il nuovo Presidente del Gruppo Piccola Industria appartenente all’Unione Industriali di Napoli, di cui è membro da oltre 15 anni. Classe 1984, residente a Portici, è Amministratore della Bourelly Group, azienda che dal 1957 è leader nell’assistenza sanitaria in mobilità.

Guido Bourelly, quali sono le sue prime sensazioni da Presidente e cosa si aspetta dal biennio 2023-2025?

“Innanzitutto penso che l’Unione Industriali di Napoli abbia dato una prova di grande coesione e di grande maturità, presentando all’assemblea una candidatura unica. Non è scontato oggi che in associazioni come Confindustria ed altre avvenga ciò. 

Noi abbiamo fatto una sintesi interna e poi siamo usciti all’esterno con una candidatura unica. Questo fa in modo che non si creino dissapori e stress, cose che non aiutano il percorso associativo. Non bisogna dimenticare che noi dedichiamo tempo all’associazione, ma facciamo gli imprenditori quindi bisogna essere bravi a centellinare il tempo.

Per quanto riguarda la mia presidenza, sarà gestita in una logica di continuità con quella precedente. Ricordo che il mio predecessore ha gestito l’associazione in un momento molto complicato. C’è stato il Covid, il rincaro delle materie prime. La logica è quella di andare in continuità, e seguire questo slancio che sta vivendo la città di Napoli. Mi aspetto delle iniziative che possano coinvolgere i territori.

La provincia di Napoli ha una tradizione industriale che va dall’Agritech alla logistica ed agli armamenti. Stanno nascendo tante startup. Mi aspetto che l’Unione Industriali si cali sul territorio ed incominci ad andare a vedere queste realtà”.

Rispetto al 2022 è previsto un incremento del turismo a Napoli del 12%. Cosa pensa di questa nuova era che sta vivendo la città metropolitana?

“Innanzitutto, vedere la nostra città così invasa di turisti è una gioia. Inoltre combacia con un momento storico a livello sportivo, che è stato un ulteriore volano per l’incremento di persone che vengono a Napoli. Stiamo vedendo turisti che vengono da nazioni come la Corea del Sud, la Georgia. Credo che la città abbia capito che dal turismo ne può trarre un vantaggio competitivo anche con altre realtà.

Penso al miracolo di Barcellona avvenuto negli anni ’90. Credo si possa replicare tranquillamente qui. Non credo Napoli abbia qualcosa in meno rispetto a quelle realtà. Grazie al turismo quelle realtà si sono sviluppate a livello di territorio periferico.  Credo solo che Napoli si debba organizzare in maniera infrastrutturale per cercare di ospitare qualche grosso evento. Così si innescherebbe un meccanismo a catena che porterebbe beneficio anche alle piccole realtà.

Basta guardare quello che sta accadendo ai Quartieri Spagnoli. È bellissimo vedere che un quartiere sempre stato etichettato come svantaggiato e invaso dalla criminalità organizzata, oggi è pieno di tante piccole realtà create da famiglie. Si è innescato un meccanismo virtuoso molto bello da vedere.

Ciò non toglie che Napoli debba fare i conti con se stessa. Anche se c’è questa esplosione di turismo, rimane una città complicata, logisticamente difficile da attraversare, c’è il problema parcheggi. Chi ha la governance della città si deve prendere la responsabilità di gestire questa crescita”.

Il PNRR è un’opportunità concreta per lo sviluppo del Mezzogiorno?

“Napoli ed il Mezzogiorno hanno una grande opportunità data dai fondi comunitari del PNRR. Confindustria ed in particolare l’Unione Industriali di Napoli hanno battuto fermamente sul tema fondi da destinare al sud (40%). L’opportunità è che in maniera definitiva si mettano le basi per creare quelle opere infrastrutturali che devono andare poi a coprire il gap con il nord.

Qui al sud mancano le infrastrutture, mancano quelle opere che permettono di sviluppare il turismo, la logistica. L’opportunità che oggi è nata da questi fondi credo sia un’ultima chance che Napoli non può permettersi di perdere. Credo che ci siano tutte le condizioni affinché si possa svoltare in maniera definitiva. Sono fiducioso, ci credo molto in questo”.

Qual è la chiave per non disperdere i fondi destinati al sud?

“Credo che il pubblico debba coinvolgere il privato in queste iniziative. Io provengo dal mondo della Sanità, e senza dubbio il sistema sanitario svolto dai privati ha una marcia in più rispetto al pubblico. Questa è una cosa dettata da meccanismi di burocrazia e di lentezza nei procedimenti.

Questa è un’azione che va fatta congiuntamente con tutti gli attori. Non è una partita solo del pubblico che deve regolamentare e fare da attore principale. È una partita che dobbiamo giocare tutti insieme: dal sistema industriale alle pubbliche amministrazioni, passando per le associazioni che devono continuare a fare questa azione di dialogo critico verso le iniziative”.

Con le sue aziende ha sostenuto il sistema sanitario locale nella lotta al COVID-19. Cosa ricorda di quel drammatico periodo?

“La pandemia ha fatto uscire tutte le criticità che il sistema si portava dietro in negativo da decenni, in particolar modo nel mezzogiorno. Io mi occupo di emergenza sanitaria: noi oggi non abbiamo ancora un servizio regionale, ma abbiamo un sistema che opera singolarmente con le Asl, quindi ha un arco territorio molto ristretto.

Questo fa si che grandi emergenze come quella pandemica non vengano gestite in maniera centralizzata. Detto questo però devo dire che è emerso il valore di noi napoletani, l’arte di affrontare il problema e cercare di organizzarsi.

Ricordo che nel periodo più buio della pandemia non avevamo bombole d’ossigeno, né mascherine per gli operatori. In qualche modo però ci siamo organizzati, e siamo riusciti a portare avanti il sistema.

In quel periodo sono state assistite migliaia di persone. Le file negli ospedali sono state solo la parte finale della catena. È stato fatto un grande lavoro di assistenza in casa, telefonica. Abbiamo cercato in qualche modo di portare serenità a chi chiedeva aiuto. 

Se solo pensiamo alla differenza dei posti letto in rianimazione tra la Campania e la Lombardia, stiamo parlando di migliaia di unità.

Adesso va fatta un’azione seria per andare a strutturare e riqualificare tutto il sistema. Citando Winston Churchill, la lezione non l’abbiamo ancora imparata. In quel periodo si parlava costantemente di mettere la salute e quindi la Sanità al primo posto. Passata la pandemia sembra andato tutto nel dimenticatoio”.


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