Nino D’Angelo: “Guerra tra i poveri in Italia… ma chi pensa ai giovani?”


Nino D’Angelo, l’ex caschetto biondo che ha fatto cantare ed innamorare decine di napoletani negli anni ’80, il ragazzo della curva B che in un’omonima canzone cantava il suo amore per il Napoli, in un’intervista a ilfattoquotidiano.it, ha raccontato la sua storia da prima a dopo il successo.

Un storia particolare, profonda, ricca di riferimenti ad una famiglia povera ma umile che viveva in una Napoli e in un’epoca meno agiata ma più ‘civile’. Nino D’Angelo racconta quanto prima fosse diverso vivere la quotidianità, anche essere poveri era diverso, l’arte dell’arrangiarsi aveva un senso e a fine giornata uno spicciolo in tasca entrava, valeva come un tesoro e dava enorme soddisfazione.

Anche all’epoca dei suoi albori esistevano i luoghi comuni e le discriminazioni, ma non erano tanto conosciute come oggi; a Nino D’Angelo era vietata la possibilità di esibirsi in grandi teatri e il suo talento era sottovalutato, la sua carriera era destinata ad esibirsi in posti delineati senza poter oltrepassare i confini stabiliti, e lui accettava le condizioni dettate, gli bastava fare ciò che più gli piaceva, cantare l’amore, un napoletano che cantava in quello che all’epoca era ancora un dialetto, e non raccontava di camorra.

Ascoltare Nino D’Angelo, non era ‘roba chic’, e così quelli che molto spesso venivano definiti ‘i figli di papà’ nascondevano i dischi del caschetto biondo, per mascherare  le loro reali preferenze musicali, ma col tempo i frutti sono arrivati, tanto da riempire teatri, piazze, per ogni concerto del Nino D’Angelo di oggi, quello conosciuto in tutto il mondo.

L’umiltà e la semplicità Nino non l’ha persa, ricorda le sue origini con tenerezza, la povertà di una famiglia ricca d’amore, unita che sapeva apprezzare le piccole cose ed essere felice ogni giorno aspettando gli imprevisti, le novità, perché chiedersi ‘cosa accadrà oggi’, non era un pensiero che metteva paura, ma la speranza che potesse arrivare qualcosa a migliorare la vita.

La società, i giovani di oggi, non hanno speranza, non amano gli imprevisti ma al contrario sono spaventati, secondo Nino D’angelo, l’ultima generazione ad apprezzare gli imprevisti, è stata proprio la sua.

Uno sguardo all’Italia, e Nino D’Angelo lo fa partendo da Maradona, grande amico e grande simbolo di Napoli, il calcio per eccellenza, quello che a Napoli portò una ventata di aria fresca. L’uomo che amava ed aiutava i poveri perché sapeva cosa significava non avere da mangiare, cosa che nessuno avrebbe fatto, perché a quell’epoca come oggi, nessun politico si interessa realmente delle persone.

Non si tratta più di Destra o Sinistra, si tratta di interessi. Il razzismo secondo Nino D’Angelo, è una condizione in cui vive tutta l’Italia, una guerra tra i poveri, qualcosa che oscura la vista degli italiani a discapito degli immigrati, dipingendoli come una minaccia per l’economia collettiva.

Non è d’accordo con Matteo Salvini, Nino D’Angelo che invece di vedere gli immigrati come una minaccia, punta il dito contro i politici che pur di raccattare voti, si riempiono la bocca di ragionamenti e promesse prive di senso, non è d’accordo e si chiede quanta verità possa esserci nella volontà di Salvini di salvare l’Italia, Sud compreso, se poi proprio la Lega Nord ha sempre espresso i suoi inauditi rancori ‘antimeridionalisti’.

Troppe urla in televisione e poca concretezza, secondo Nino D’Angelo, un modo per accaparrarsi voti e fare sempre quello che fa più comodo a chi governa. Lui non ha fiducia più in nessuno, non fa differenza chi sale al potere, ma un cruccio lo ossessiona: “I guaglioni che oggi hanno vent’anni. Sta generazione di ragazzi tutti disoccupati. Nessuno ha pensato a loro. Dove li mettiamo adesso?”


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