Le ”Ciampate del Diavolo”: in Campania il più antico esempio di impronta umana


Le impronte spropositate impresse nel terreno hanno alimentato suggestioni legate al soprannaturale. In tempi recenti i ricercatori lo hanno classificato come uno dei siti paleontologici più importanti del mondo.

Le Ciampate del Diavolo

L’alto casertano è un territorio caratterizzato da una natura lussureggiante, che, a livello naturalistico e paesaggistico, non ha nulla da invidiare alle zone più rinomate del Paese. Non è difficile, inoltre, che nel suo territorio, di punto in bianco, affiorino tesori nascosti dal tempo di indubbio valore storico-archeologico. E’ il caso del sito ritrovato nel comune di Tora e Piccilli, in località Foresta, alle pendici del vulcano spento di Roccamonfina nell’omonimo parco regionale, denominato “Le Ciampate del Diavolo” ovvero le “Impronte del Diavolo”.

La zona da sempre ha destato l’attenzione, la curiosità e il timore dei residenti, alimentando, peraltro una leggenda legata all’inspiegabile presenza di impronte di una grandezza spropositata per il genere umano. La tradizione popolare del luogo ha dato questo nome alle impronte perché si pensava che solamente un demone poteva camminare sulla lava vulcanica senza bruciarsi; nello specifico, la leggenda narrava che il Diavolo in persona, cercando di abbeverarsi in una vicina fonte, lasciò le sue enormi orme sulla lava, elemento sufficiente per tenere gli abitanti del posto a debita distanza da quel luogo ritenuto infestato dai diavoli. Ricerche d’archivio hanno avvalorato la tesi secondo la quale le orme erano conosciute almeno a partire dagli anni venti dell’Ottocento, allorquando delle piogge torrenziali le hanno riportate alla luce.

Solo recentemente la leggenda ha ceduto il passo alla scienza, difatti nel 2002 degli studiosi locali, in collaborazione con l’Università di Padova, hanno dimostrato che le 56 impronte appartengono all’Homo Heidelbergensis, ominide che viveva nella zona circa 350 mila anni fa, cosa che le rende il più antico esempio attualmente conosciuto in Europa di traccia umana, nel mondo, solo in Kenya, ad Ileret, ne esistono di più antiche.

Secondo la ricostruzione le impronte appartengono ad un gruppo di tre individui che discesero il fiume non per sfuggire alla massa lavica, come inizialmente si pensava: ciò su cui 350.00 anni fa camminavano, non era magma bensì una fanghiglia calda, ma non abbastanza da non poter essere calpestata. Ecco perché le impronte appaiono tanto grandi, difatti il terreno fangoso e la leggera inclinazione hanno originato un calco molto grande ma in realtà di tratta di piedi molto piccoli: lunghi non più di 20 cm e larghi 10, gli archeologi, inoltre, hanno calcolato che l’altezza degli ominidi fosse di circa 160 cm.

Il sito paleontologico di Tora e Piccilli è unico nel suo genere per delle caratteristiche peculiari: il paleostrato perfettamente databile; la presenza di numerose impronte in buono stato di conservazione; le piste che si trovano all’aria aperta e non in grotta, su un pendio e non su una superficie pianeggiante. Nonostante la sua dubbia importanza il sito delle “Ciampate del Diavolo”, cui la trasmissione Voyager anni fa dedicò un servizio, è, inspiegabilmente, tagliato fuori dai grandi flussi turistici, un vero peccato per un posto che attira l’interesse di ricercatori di tutto il mondo, soprattutto se si pensa al contesto territoriale incontaminato, un possibile valore aggiunto.

Indirizzo: Via S. Andrea, 12, 81044 località Foresta, Tora e Piccilli (CE), nei pressi del vulcano di Roccamonfina


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