Virgilio, il poeta-mago che protegge Napoli con i suoi incantesimi

Virgilio e Dante all'Inferno con Paolo e Francesca


Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua rura duces

“Mi ha generato Mantova, il Salento mi ha strappato alla vita, ora Napoli conserva i miei resti; ho cantato pascoli, campi, eroi”: è l’epitaffio di Publio Virgilio Marone, il celeberrimo poeta il cui monumento funebre si trova a Napoli nel Parco Vergiliano a Piedigrotta insieme ai resti di Giacomo Leopardi. Proprio Virgilio è il personaggio che tratteremo oggi per la rubrica Figli illustri di Napoli, prendendo spunto dal recente attacco a Partenope, precisamente alla sua lingua, che tuttavia siamo sicuri che non sarà l’ultimo – tre sono le certezze della vita: la morte, le tasse e l’antinapoletanità.

Virgilio era noto, oltre che per le sue capacità artistiche, a causa dei suoi poteri magici che utilizzava per proteggere la sua amata Partenope che lo aveva adottato. Tanto grande era, ed è ancora per certi versi, la sua leggenda che i Napoletani fino all’età medievale consideravano il poeta quale protettore della città, fino a quando il vescovo Ianuario, San Gennaro, non si sostituì ad egli soprattutto grazie alla Chiesa che voleva eliminare ogni forma di paganesimo, e ai Normanni che intendevano sottomettere Napoli sopprimendo il protettore Virgilio, del quale profanarono le ossa.

Publio Virgilio Marone

Per darvi un’idea degli incantesimi attribuiti a Virgilio, vi invito a leggere il seguente passo tratto dal libro “Breve Storia di Napoli”, scritto da Leonardo Di Mauro e Giovanni Vitolo:

“Tra esse (le opere magiche, NdA) la costruzione delle mura, a protezione delle quali aveva posto un piccolo modello della città racchiuso in una bottiglia dal collo strettissimo; se il palladio non aveva funzionato, è perché si era prodotta una screpolatura nel cristallo che lo conteneva.

“Né si trattava solo di questo. Sempre dalla lettera di Corrado (di Querfurt, NdA) apprendiamo che i Napoletani attribuivano a Virgilio anche un cavallo di bronzo capace di mantenere sani i cavalli, una mosca di bronzo col potere di allontanare le mosche dalla città, un macello nel quale la carne poteva mantenersi intatta per sei settimane. Inoltre, essendo le grotte ed i sotterranei della città infestati da un gran numero di serpenti, il poeta-mago li concentrò tutti sotto una porta detta “Ferrea”, davanti alla quale gli imperiali esitarono prima di abbatterla, temendo di liberare i serpenti che vi erano imprigionati.

“Virgilio pensò anche a difendere Napoli dalla minaccia del Vesuvio, costruendo una statua di bronzo, che rappresentava un uomo con l’arco teso e la freccia pronta a scoccare in direzione del monte, per tenerlo sotto controllo. Un giorno però un contadino, incuriosito da quell’arco sempre teso, fece scoccare la freccia, che colpì l’orlo del vulcano, rimettendolo così in attività.

“Un’altra prova delle premure che Virgilio ebbe nei riguardi dei Napoletani era rappresentata dai bagni pubblici che creò a Baia e Pozzuoli, dotandoli di immagini di gesso che rappresentavano le varie malattie ed indicavano i bagni adatti a ciascuna di esse.

“Infine Corrado dichiara di aver verificato di persona la fondatezza della credenza popolare, secondo la quale le ossa di Virgilio, custodite in un castello circondato dal mare, se vengono esposte all’aria, provocano l’oscuramento dell’aria e l’insorgere di una tempesta”.

Questi non erano tuttavia i soli incantesimi attribuiti a Virgilio, cui si attribuiva anche, ad esempio, l’apertura in una sola notte della Crypta Neapolitana e l’aver messo nelle fondamenta di Castel dell’Ovo una piccola gabbia contenente l’uovo da cui il nome della fortezza, che avrebbe protetto Partenope fin quando fosse rimasto intatto. Quanto bisogno ha, oggi, Napoli di un protettore come “lo Duca” Virgilio?


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