L’ipogeo del Plebiscito era il pantheon dei Borbone: doveva conservare i loro resti

Foto Facebook Assessorato Urbanistica e Beni comuni- Comune di Napoli


Quella che è stata l’ennesima scoperta portata alla luce dal sottosuolo partenopeo potrebbe riservare un’altra sorpresa. Parliamo dell’ipogeo di oltre mille metri quadri ritrovato nel cuore di Piazza del Plebiscito, sei metri sotto la Basilica San Francesco di Paola. L’ambiente, oggi sotterraneo, fu messo in piedi intorno all’Ottocento per volere di Gioacchino Murat. Solo successivamente, con l’arrivo al trono di Ferdinando I delle Due Sicilie, venne commissionata la costruzione della Basilica reale Pontificia San Francesco di Paola.

Qual era l’utilizzo di questo ipogeo? A svelarlo è Sergio Attanasio, architetto e presidente dell’associazione Palazzi Napoletani. In uno studio pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno, Attanasio porta alla luce un’interessante ipotesi, secondo la quale tale struttura sotterranea di recente scoperta dovesse conservare i resti della dinastia dei Borbone.

Per affermare tale ipotesi, l’architetto mostra come nelle tavole degli architetti che parteciparono alla progettazione della chiesa fosse presente tale ipogeo, le cui strutture “non potevano essere unicamente realizzate quali fondamenta – spiega Attanasio – sia per le dimensioni, che per la notevole qualità e spazialità architettonica“.

Lo studio, poi, passa in rassegna alcuni documenti che attesterebbero l’ipotesi proposta da Attanasio. Nel volume del 1858 Storia dei Monumenti di Napoli dell’architetto Camillo Napoleone Sasso, infatti, si legge: “Evvi la chiesa sotterranea che risponde perfettamente al Tempio superiore. Questa è destinata ad accogliere le ceneri dei Reali di Napoli: essa s’innalza all’altezza di palmi 50, avendo nel centro una colonna di sostegno e base alle volte che formano la covertura del soccorpo, e il pavimento del descritto Tempio“.

Vengono citati, poi, altri autori ed altre opere – “Notizie del Bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli” di Giovan Battista Chiarini e Carlo Celano, lo storico e geografo Eugenio Balbi – nei quali si fa riferimento all’ipogeo come pantheon dei Borbone. Attanasio, quindi, spiega come sarebbe dovuta essere l’opera finale.

Presumibilmente nella sala circolare coperta a volta, sarebbe andato il sarcofago del sovrano che l’avrebbe inaugurata e intorno le tombe degli altri re della dinastia. Nell’anello circolare che gira intorno alla sala le tombe di tutti i principi reali“.


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