Le immagini drammatiche di Notre-Dame non possono non richiamare alla mente quelle altrettanto doloroso della Basilica di Santa Chiara. Era il 4 agosto 1943 quando un bombardamento degli Alleati che la colse in pieno provocò un incendio che durò due giorni, distruggendola quasi del tutto. Fu così che la Basilica perse gran parte degli interni, tra cui gli affreschi del Settecento e soprattutto quelli di Giotto, di cui sono rimasti pochi frammenti. Un tesoro inestimabile perso per sempre. L’evento scosse così tanto i napoletani che fu sublimato in una celebre canzone, Munasterio ‘e Santa Chiara (testo di Michele Galdieri, musica di Alberto Barberis), ad oggi una delle più conosciute del repertorio classico partenopeo.
Santa Chiara fu poi ricostruita sotto la direzione di Mario Zampino ed esattamente dieci anni dopo, il 4 agosto 1953, fu riaperta al pubblico e quindi al culto. Il restauro di Santa Chiara, per la sua importanza e il vivace dibattito di cui fu protagonista, acquistò rilevanza mondiale. L’edificio, non senza polemiche, riprese l’originario aspetto gotico secondo il quale fu progettata nel Trecento: la prima pietra fu posata infatti nel 1310, i lavori completati soltanto 20 anni dopo. La consacrazione avvenne nel 1340. Grazie ai lavori di ristrutturazione avvenuti tra il 1742 e il 1796 la chiesa assunse quelle forme barocche che avrebbe mantenuto fino al 1943. Con i resti sopravvissuti al bombardamento fu allestito il Museo dell’Opera di Santa Chiara, istituito ufficialmente nel 1995.
Fonti:
– https://www.vaticannews.va
– http://www.monasterodisantachiara.it
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