Beni occupati in cambio di canoni irrisori: buco di 29 milioni al Comune di Napoli

Tirocinio. Palazzo-San-Giacomo, sede del Comune


L’indagine del primo gruppo Napoli della Guardia di Finanza per “l’uso indebito di beni demaniali da parte di enti privati” ha riguardato circa 30 aree nel sottosuolo. Coordinata dalla Corte dei Conti, coinvolge nove dirigenti dell’Agenzia del Demanio ai quali, ritenuti responsabili di aver provocato nell’ultimo decennio un danno alle casse comunali e statali per aver sottostimato i canoni di locazione per l’occupazione delle cavità sotterranee è stato richiesto risarcimento, a vario titolo, di un danno di 29 milioni di euro.

I beni appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato possono essere oggetto di concessione ai privati. Sicché, qualora la Pubblica Amministrazione dia in concessione un determinato bene l’utilizzatore, che ne diventa titolare, sarà tenuto al pagamento di un canone. Tuttavia, si scopre che su 30 cavità partenopee solo in tre casi c’era una regolare concessione. Concessione sì, ma che in questi casi è considerata a “canone irrisorio”, almeno in questa fase delle indagini. Opportuni approfondimenti faranno luce sulla questione.

Per le altre 27 cave invece i militari guidati dal colonnello Salvatore Salvo si sono ritrovati al cospetto di “occupazioni senza titolo” con gestori di garage che pagano canoni a “proprietari apparenti”. Ossia: proprietari che sono tali solo sui contratti di fitto, visto che lo Stato negli anni si è dimenticato di quei beni. “Il quadro che risulta è ampiamente desolante – scrive il vice procuratore Catalano – quanto a gestione e messa a reddito delle cavità”.

Parcheggi, percorsi turistici e persino un ristorante. Circa 30 cavità che in origine dovevano essere 800 secondo l’ex commissariato al sottosuolo le cave di Napoli per un totale di 400 mila metri quadrati solo nel Centro Storico Unesco. Rientrano siti di grande prestigio e interesse storico, ex rifugi utilizzati durante la guerra, ricavati da vecchi acquedotti o dalla naturale morfologia del territorio che sono rientrati nel mirino della Corte dei conti e ai quali il vice procuratore Marco Catalano ha notificato gli “inviti a dedurre”.

Per il Pm Catalano, i responsabili del danno, per prolungata inerzia, non hanno effettuato quello che ci si aspetta che qualsiasi proprietario faccia: riscuotere i canoni o chiedere ai detentori di liberare il sito.


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