Napoli, sui muri le Madonne (non) blasfeme: “Le creo perché un uomo tentò di violentarmi”


Chi è abituato a percorrere le strade del centro storico di Napoli non avrà potuto fare a meno di notare, nelle ultime settimane, la comparsa di poster “particolari”. Sui muri, accanto alle opere di street artists più o meno noti, sono spuntate delle Madonne che a un occhio superficiale potrebbero sembrare delle provocazioni che si limitano a giocare sul filo della blasfemia, ma che in realtà cercano di trasmettere dei messaggi. La madre di Gesù viene raffigurata in diversi modi: come donna prosperosa, mentre mangia una fetta di pizza e nel frattempo manda a quel paese chi giudica il suo essere un po’ in carne, con la pillola anticoncezionale o uno smartphone, nell’atto di mostrare della lingerie. Ci sono anche quelle coi volti di Sophia Loren, Frida Kahlo o Nina Simone.

È una Madonna, insomma, che si riappropria della femminilità e diventa simbolo per eccellenza della donna che vive nel terzo millennio, con tutti i suoi problemi, le indecisioni, i drammi, i traumi. Una Madonna che (ri)diventa umana pur restando sacra, ma sacra in quanto donna. Non a caso il progetto si chiama Ogni Donna Una Madonna. Sono opere quindi che non hanno lo scopo di offendere il senso religioso o degradare l’immagine di Maria, ma che estendono la sacralità di cui è stata investita a tutto il genere femminile. I poster non negano la santità, al contrario: la affermano e la riconoscono a tutte le donne.

L’artista, che è anonima, ha scelto di concedere la sua prima intervista dopo essere rimasta volontariamente in silenzio sin dall’avvio del progetto (fatta eccezione per i post pubblicati su Instagram).

1) In tanti gridano alla blasfemia, altri vedono dei messaggi di denuncia, ma l’arte è bella proprio perché ognuno può leggere la sua interpretazione personale. Ci racconti, quindi, non il significato delle tue opere ma l’episodio da cui è scaturito il progetto?

“In realtà OgniDonnaunaMadonna non è un progetto, è una ribellione. Queste immagini mi ronzavano in testa da sempre, ma realizzarle è diventata una necessità da quando una persona fidata mi ha messo le mani addosso a casa mia, tentando di ottenere con la forza un rapporto sessuale. Il giorno dopo acconsentii a vedere questa persona per un caffè, per chiedergli spiegazioni. Chiesi come avesse potuto, lui mi rispose “eri vestita così…” alludendo alla mia scollatura. Per mesi liquidai il ricordo della violenza con un “ci siamo capiti male, capita”, ma nel frattempo qualcosa cominciò a scavare dentro di me: all’improvviso diventò sempre più difficile ignorare le molestie per strada, sui social, sul lavoro.

“Ho cominciato a creare le mie Madonne per rabbia, non avevo alcuna intenzione di farle vedere a qualcuno. Ma quando mi sono sentita meglio ho voluto metterle sotto gli occhi di tutti: ricordare a tutte le donne di avere il diritto di reagire, sempre”.

 

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2) Perché proprio le Madonne? Come mai hai scelto di utilizzare un simbolo religioso al posto di donne “normali”?

“Quello che più mi turba, ancora, dell’episodio di violenza, è stata la percezione che la mia scollatura valesse più della mia parola. Ci ho messo settimane prima di capire che non avrei dovuto concedere il caffè chiarificatore a quella persona, perché il mio “no” deve essere sacro. Non ci sono scuse alla violenza. Una Madonna con la scollatura è una Madonna lo stesso, lo riconoscono tutti. La Madonna non è meno sacra a seconda di ciò che indossa, e così sono le donne. Sacre sempre e comunque, intoccabili senza consenso. Mi fa ridere che ci sia tanta gente a distruggerle e ad insultarmi, sono loro a vederla dissacrata, non io”.

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3) Le tue Madonne, ad esempio, mostrano il reggiseno, prendono la pillola anticoncezionale o mangiano la pizza e mandano a quel paese il prossimo che le vede un po’ in carne. Che ci sia un messaggio definibile “femminista” sembra fuori dubbio: cos’è per te il femminismo? Qual è il suo senso nel 2020?

“Molti pensano che la parità di genere sia stata quasi raggiunta, a parte qualche femminicidio qua e là ed il gap salariale. Ma io sono una donna e parlo con le donne, ci sfoghiamo tra di noi: le molestie sono all’ordine del giorno. Vogliamo vivere in un mondo in cui non si diventi anoressiche a 13 anni perché sembra che tutto giri attorno al nostro corpo, vogliamo vivere in un mondo in cui non ci vengano chiesti favori sessuali in cambio di un impiego. Vogliamo vivere in un mondo dove la lunghezza della gonna non determini la quantità di rispetto che ci viene data. E’ stato inoltre dimostrato che la maggior parte delle donne non reagisce alle molestie e non denuncia per la vergogna o il timore di esserselo in qualche modo meritato. Che lo si chiami femminismo o “lotta per la parità di genere”, non è solo sensato, è essenziale”.

 

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