Pompei, un rigattiere possiede un probabile Picasso da 50 anni: “È appeso in cucina”

Il "Volto di donna" originale di Picasso datato 1941.


Capri: corre l’anno 1962 e l’allora giovane rigattiere Luigi Lo Rosso trova tra le cianfrusaglie di una discarica una tela arrotolata. La srotola, la pulisce velocemente e scopre che la tela raffigura un volto di donna. Un volto deformato, colorato, particolare. In alto a sinistra della tela c’è una firma: “Picasso”.

Il giovane rigattiere non conosceva Picasso all’epoca eppure prende la tela e la porta a casa da moglie e famiglia a Pompei. La moglie dimostra di non apprezzare più di tanto la raffigurazione e la appende in cucina, accanto alla credenza.

Questo è solo l’inizio della storia della famiglia Lo Rosso e del presunto Picasso intitolato “Volto di donna”: da allora, una volta scoperto il possibile valore dell’opera, Luigi Lo Rosso ha iniziato una battaglia per ottenerne il riconoscimento e l’autenticazione dell’autografo.

A questa vicenda, fin ora tenuta piuttosto segreta, hanno partecipato forze dell’ordine, esperti e critici d’arte, periti di vaglia e chi più ne ha più ne metta. L’opera è stata, per un breve periodo, addirittura sequestrata e poi dissequestrata.

Prima della scoperta della tela di Luigi Lo Rosso e famiglia, l’unico “Volto di donna” conosciuto di Picasso appartiene ad una collezione privata ed è datato 1941. Gli esperti dicono che, quest’ultimo, è il ritratto cubista di Dora Maar, artista e musa di Picasso, con la quale il pittore ebbe una relazione fra il 1935 e il 1943.

Il 56enne Andrea, figlio del rigattiere Lo Rosso, pensava inizialmente che il quadro della sua famiglia fosse una copia di quello sopracitato. Varie perizie gli hanno fatto poi cambiare idea.

La perizia dell’istituto di diagnostica dei beni culturali della Fondazione Cesare Gnudi nel 2005, ad esempio, ha ipotizzato che la tela dei Lo Rosso sia stata prodotta dopo la seconda metà degli anni ’30 e che la firma sia compatibile con quella sulle opere di Picasso riconosciute. Con questa perizia, la famiglia dovette spendere i primi duemila euro.

Altri cinquemila euro li ha portati via lo studio del laboratorio di analisi chimiche Palladio, richiesto da un potenziale acquirente per l’opera; la perizia confermò che i materiali coincidono con quelli utilizzati dall’artista e che la firma non presenta anomalie. Il possibile acquirente, però, voleva la conferma della fondazione Picasso di Parigi ma la famiglia i 300 mila euro per questo studio non li aveva.

Dopo di ciò, la tela ha fatto fare alla famiglia il giro del mondo oltre che aver portato via un enorme quantitativo di denaro. Adesso si dice che l’esecuzione sembrerebbe essere successiva agli anni ’20 ma che l’opera sia databile agli anni ’60.  L’ultima speranza per la famiglia, ora assistita dall’esperto d’arte Luca Marcante e dall’avvocato Cesare Dal Maso, è un restauro dell’opera al costo di 10 mila euro per poi poter contattare la fondazione Picasso di Parigi.

Tutti incrociano le dita per questa battaglia iniziata ormai più di 50 anni fa.


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