Una straordinaria riscoperta: il Macellum di Pozzuoli

Pozzuoli, Serapeum (Foto Marina Sgamato).


Tra i numerosi resti di epoca romana di Pozzuoli, l’antica “Puteoli“, emergono le vestigia del cosiddetto Tempio di Serapide, “serapeum”, del quale si vedono tre colonne che hanno suscitato da sempre lo stupore tra il pubblico. Infatti l’area fu denominata “vigna delle tre colonne” perché gli unici resti veramente visibili erano queste tre colonne, credute originariamente pertinenti a un “serapeum”.

Tale denominazione derivava dal fatto che in uno dei cunicoli, scavati tra il 1750 e il 1756 da Carlo III di Borbone, era stata rinvenuta una statua di Serapide. Tra il 1816 e il 1818, altri scavi furono condotti sotto la direzione del canonico De Jorio, un erudito locale e dal famoso architetto Auguste Caristie. L’opera di quest’ultimo, membro dell’Accademia di Francia, è stata di fondamentale importanza per la conoscenza dettagliata di tutta la zona: infatti, egli ci ha lasciato ben 47 tavole nelle quali, per la prima volta, tutta l’area viene descritta con metodo scientifico. Queste tavole sono conservate nella Biblioteca della Scuola delle Belle Arti di Parigi e, costituiscono, tutt’ora, l’unica vera documentazione dell’area scavata. Tra il 1821 e il 1827, mentre l’ingegnere Niccolini apriva alcuni canali per impedire l’impaludamento della zona soggetta a bradisismo rinvenne nella parte Sud – Ovest del portico, al di sotto del pavimento marmoreo, resti di strutture e di un mosaico. Dopo l’intervento del Niccolini, tutta l’area si inabissò.
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, la zona fu nuovamente interessata da altri interventi piuttosto invasivi: furono costruite delle vere e proprie abitazioni adibite a impianti termali al di sopra delle botteghe (“tabernae“). Poi, nel 1863, i resti furono invasi dall’acqua sorgiva e, a causa del diffondersi della malaria, furono parzialmente interrati. Gli inizi del ‘900 furono particolarmente decisivi per la comprensione delle funzioni dell’intera struttura: infatti, nel 1907, un altro studioso francese, il Dubois, riesaminando le strutture, riconosceva, per la prima volta, la tipologia edilizia del “macellum“, cioè un mercato alimentare.

Serapeo - pozzuoli

Questo tipo di edificio commerciale fu creata nell’Urbe con una forma standard per poi diffondersi con qualche variante nelle città dell’Impero. L’insieme si può fare risalire al I – II sec. d.C.: un cortile a pianta quadrata circondato da un porticato sul quale si affacciano le “tabernae” che si aprono sia verso l’interno sia verso l’esterno. Le colonne erano 34 alte 5,90 mt, di granito grigio, con basi e capitelli di marmo bianco. Al centro, un tempietto a pianta circolare (“tholos“) aveva 16 colonne di marmo africano, con basi decorate da motivi marini. Sul lato opposto all’ingresso, c’era una nicchia anch’essa riccamente decorata: i pavimenti e le pareti completamente rivestiti di marmi colorati e con le statue delle divinità protettrici del mercato. Davanti c’erano 4 colonne di marmo cipollino alte 11,94 mt.

Gli anni Settanta del XX secolo videro alcuni studi fondamentali sulla tipologia dei “macella” di epoca romana e gli studiosi riconobbero in quello di Pozzuoli come il terzo per importanza, dopo Roma e Capua. Rispetto a quelli di altre città, esso infatti si presenta quasi integro soprattutto grazie al fenomeno del bradisismo. L’ubicazione presso il mare, Rione Terra, è pienamente giustificata dal carattere commerciale e marittimo. Infine, c’è da chiedersi, se per la sua decorazione, particolarmente raffinata questo edificio sia stato realmente un semplice mercato.
Bibliografia: Filippo Demma, Monumenti Pubblici a Puteoli, L’Erma di Bretschneider. Roma, 2007
Foto in copertina Marina Sgamato

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