Torre del Greco. Preside e studenti del De Bottis scrivono una lettera alla Boschi e Boldrini


Il 25 novembre 1960 Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal furono bloccate per strada mentre stavano andando a trovare i loro mariti nel carcere di Puerto Plata. Erano in un’auto guidata da un autista. D’improvviso furono fatte scendere, trascinate in un luogo nascosto, torturate e bastonate.

Poi l’auto fu fatta cadere da un precipizio per simulare un incidente. Erano colpevoli di aver provato a contrastare coi loro compagni la dittatura di Trujillo nella Repubblica Dominicana. Avevano un nome in codice, Mariposas, Farfalle. Da allora le Nazioni Unite hanno istituito, proprio nell’anniversario del brutale omicidio, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Ed è sempre il sacrificio delle tre farfalle dominicane il punto di inizio della conferenza antiviolenza tenutasi presso il Liceo Gaetano de Bottis di Torre del Greco in Viale Campania: in un excursus storico che va dal Neolitico, passando per le suffragette fino ad approdare alle super donne contemporanee come AstroSamantha Cristoforetti, la relatrice, prof. Teresa Civitella, ha illustrato alla platea degli studenti le principali tappe dell’emancipazione femminile.

Ricordando le vittime di femminicidi, solo quest’anno sono 108 le donne uccise da chi diceva di amarle, il convegno ha analizzato le varie forme di violenza subite da secoli dalle donne da Oriente a Occidente: dall’infibulazione all’odiosa pratica dell’aborto di genere ( ancora oggi le gestanti sono costrette in alcuni paesi dell’est a interrompere la gravidanza se il feto è femmina), dallo stalking alla violenza domestica, dal cyberbullismo intriso di ironia becera e maschilista esemplificato, per citare l’ultimo episodio in ordine di tempo dal suicidio della napoletana T.Cantone, fino a i casi estremi di stupro, omicidio e sfiguramento.

Come spiega la professoressa Civitella <<la violenza di genere non è un fatto privato, riguarda la cultura. Occorre educare i ragazzi fin dalla più tenera età, in famiglia e sui banchi di scuola, perché se non hanno interiorizzato un comportamento da piccoli è difficile possano replicarlo da adulti. Non basta abituare le ragazze a denunciare, a riconoscere i campanelli d’allarme. Perché è certo che al primo schiaffo ne seguiranno altri, bisogna rinunciare all’idea di salvare un uomo violento dalla sua rabbia, bisogna pensare a salvare sé stesse. E non colpevolizzarsi. Ma bisogna lavorare sulla testa degli uomini: basta pensaee a certi stereotipi appresi in casa e a quanto sono dannosi. Se una madre abitua un figlio a privilegi che a sua sorella non riconosce, perché lei è una donna ed è nel suo destino occuparsi della casa mentre lui no, è naturale che da grande cercherà un modello identico nella donna che vuole accanto. E se lei fosse diversa, se mettesse al primo posto sé stessa, il lavoro, lui non capirebbe. E in alcuni casi potrebbe uccidere: la logica di base, “o mia o di nessuno”, è esasperata da vari fattori di contesto negli autori di femminicidio, ma è sempre potenzialmente presente se non si fa un adeguato lavoro di educazione al rispetto>>.

Sotto la direzione illuminata della preside L.Spagnuolo il Liceo De Bottis e il suo corpo docenti si configurano come punti di riferimento importanti per la formazione e l’informazione degli adulti di domani: sul continuum inaugurato dal corso extracurricolare sul femminicidio tenutosi l’anno scorso, il Liceo ha incluso, tra i suoi prossimi progetti, il laboratorio <<In-Retiamo>>, la cui punta di diamante sarà proprio il coinvolgimento dei maschi, più che delle ragazze.

Gli studenti per quest’anno hanno gia dimostrato di aver appreso come fare rete, creando un fronte comune di solidarietà intorno a una compagna vittima di stalking. È grazie al coraggio degli amici che l’hanno denunciato ai professori, che le autorità sono intervenute e hanno dato avvio all’indagine. E hanno dimostrato di aver pienamente colto l’essenza del 25 novembre: ognuno deve prendersi la sua parte di responsabilità, ad un’amica o una sorella vittima di un amore malato non basta dirle “Lascialo”, occorre spesso fare per lei il passo che non ha la forza e il coraggio di fare.

Coadiuvata dagli studenti la preside Spagnuolo ha scritto alle più potenti donne del nostro esecutivo, le ministre Boschi e Giannini e la presidente Boldrini, una lettera dall’intento propositivo, per aggiornare il cuore delle istituzioni e costruire, sulla base delle istanze degli studenti stessi, un antidoto potente alla cultura maschilista e denigratoria che è il minimo comune denominatore di ogni omicidio o violenza commesso contro una donna in quanto donna. Lo spiega bene una poesia anonima che gli studenti hanno ascoltato in una magistrale interpretazione di Paola Cortellesi proiettata in sala e intitolata non a caso “In piedi, signori“:

IN PIEDI SIGNORI….

Per tutte le violenze consumate su di lei

per tutte le umiliazioni che ha subito

per il suo corpo che avete sfruttato

per la sua intelligenza che avete calpestato

per l’ignoranza in cui l’avete lasciata

per la libertà che le avete negato

per la bocca che le avete tappato

per le ali che le avete tagliato

per tutto questo

in piedi, Signori, davanti a una Donna.

E non bastasse questo

inchinatevi ogni volta

che vi guarda l’anima

perché Lei la sa vedere

perché Lei sa farla cantare.

In piedi, Signori,

ogni volta che vi accarezza una mano

ogni volta che vi asciuga le lacrime

come foste i suoi figli

e quando vi aspetta

anche se Lei vorrebbe correre.

In piedi, sempre in piedi, miei Signori

quando entra nella stanza

e suona l’amore

e quando vi nasconde il dolore

e la solitudine

e il bisogno terribile di essere amata.

Non provate ad allungare la vostra mano

per aiutarla

quando Lei crolla

sotto il peso del mondo.

Non ha bisogno

della vostra compassione.

Ha bisogno che voi

vi sediate in terra vicino a Lei

e che aspettiate

che il cuore calmi il battito,

che la paura scompaia,

che tutto il mondo riprenda a girare

tranquillo

e sarà sempre Lei ad alzarsi per prima

e a darvi la mano per tirarvi sù

in modo da avvicinarvi al cielo

in quel cielo alto dove la sua anima vive

e da dove, Signori,

non la strapperete mai.


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