Sarà perché cresciuto in una favela brasiliana, a San Paolo, accanto ad una discarica dove andava a cercare cibo e indumenti ancora in buono stato, ma l’idea di Fernando ha lasciato di stucco tutti, a partire dai volontari dell’associazione Zone Onlus, Francesco Pomicino (ingegnere) e Carlotta Carbonai (architetto). Questi ultimi hanno poi raccolto attorno a sé tecnici di grande livello, come Flavio Farroni, ingegnere e consulente della Ferrari, e tanti altri, a supporto di un’idea che man mano è divenuta realtà.
Riselda, questo il nome del cassonetto intelligente, in onore della madre del carcerato, è stato infatti già sperimentato proprio nel carcere di Bollate, per giunta con grande successo: in un anno e mezzo la percentuale di raccolta differenziata all’interno della casa circondariale è salita sino al 91%, contro il 54% della media lombarda.
Il cassonetto intelligente funziona attraverso una smart card che ogni cittadino deve inserire prima di gettare i rifiuti, selezionando la tipologia che si vuole depositare al suo interno. Dopodiché Riselda li pesa, li registra e comunica il tutto alla società appaltatrice. In questo modo i cittadini più virtuosi, riconoscibili attraverso la smart card, ottengono premi, quali sconti sulla tassa della spazzatura.
Insomma, Fernando in carcere si è trasformato da “rifiuto” figurato della società a persona in grado di dare valore anche ai rifiuti veri e propri. Un’invenzione che ha subito mosso le attenzioni di un imprenditore toscano, pronto a produrre Riselda anche per condomini e scuole; e di Publiambiente, che vorrebbe sperimentarlo ad Empoli e Pistoia.