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Primo Maggio in ricordo dei Martiri di Pietrarsa, trucidati dalla nuova Italia unita

Il Reale Opificio di Pietrarsa fu costruito nel 1842 tra Portici e San Giovanni a Teduccio e divenne la prima fabbrica metalmeccanica in Italia per produttività, occupati ed estensione. Voluto da Ferdinando II di Borbone, occupava 1050 lavoratori al giugno 1860 (tre mesi prima dell’arrivo di Garibaldi a Napoli e dell’invasione piemontese) mentre l’Ansaldo a Genova contava non più di 480 operai e la FIAT a Torino non era ancora nata.

Questo uno dei tantissimi esempi di un Sud all’avanguardia e non retrogrado come storici e politici raccontano. Esempio ammirato all’estero ed invidiato dal Nord Italia, esempio di tanti primati positivi per tutto il Regno Napolitano, Pietrarsa dopo l’Unità d’Italia diventò il simbolo dei primati negativi. Si registrarono lì, infatti, le prime vittime della storia operaia nell’agosto del 1863 per mano dei bersaglieri piemontesi, tragedia che fu la premessa dello smantellamento progressivo della struttura (portando al nord “corpo ed anima” della fabbrica) e così l’Ansaldo cresceva, la Fiat nasceva e Pietrarsa chiudeva.

Dopo l’Unità d’Italia l’imprenditore Jacopo Bozza comprò la fabbrica di Pietrarsa licenziando centinaia di operai e avviando una sorta di cassa integrazione (un altro primato negativo italiano) sulla pelle della povera gente che voleva solo difendere il proprio diritto alla dignità e al lavoro.

Nel fondo questura dell’Archivio di Stato di Napoli, foglio 24, è trascritto l’elenco completo (che secondo alcune fonti arrivarono addirittura a 9): e intanto, ricordiamo i 4 operai (di sicuro furono 7, ma forse anche di più): Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso, Aniello Olivieri. Sono questi i nomi dei primi martiri della storia operaia italiana uccisi per mano dei bersaglieri. (fonte: Gennaro de Crescenzo, le industrie del Regno di Napoli, 2002).

In una storia dimenticata per troppo tempo ma che negli ultimi anni stiamo ritrovando grazie alle ricerche archivistiche, alla lapide voluta anni fa dal Comune di Portici, alle piazze dedicate ai “martiri di Pietrarsa” a San Giorgio a Cremano e a Napoli. Lo Stato italiano, però, ricorda i “primi operai caduti per il lavoro del mondo moderno” a Chicago (1 maggio 1890) e non quelli di Pietrarsa (6 agosto 1863).

Le ultime statistiche dello Svimez e dell’Istat sono chiare e oggettive: esistono due Italie e nessuno (classe dirigente locale o nazionale che sia) ha fatto e fa nulla. Ecco perché in queste giornate tante associazioni meridionaliste che si battono per le verità storiche da oltre 20 anni (e grazie alle quali, qualcosa si sta muovendo), preferiscono ricordare (altro che “festeggiare”), con ricerche, preghiere e commemorazioni, i “primi martiri della storia operaia non solo italiana”.

Anche quest’anno hanno organizzato un corteo di commemorazione (dei caduti napoletani e del lavoro negato) e la deposizione di una corona di fiori presso la lapide. Appuntamento alle ore 10.30 il 1° Maggio davanti ai cancelli dell’ormai museo di Pietrarsa.

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Emilio Caserta, giornalista e responsabile ufficio stampa istituzionale. Direttore de "L'Identitario - Quotidiano Indipendente", collaboratore di Vesuviolive ed altre testate giornalistiche locali e nazionali. E' Coordinatore giovanile Nazionale del Movimento Neoborbonico, laureato in Economia e Commercio e proprietario del sito e-commerce identitario www.bottega2sicilie.eu e socio fondatore del 'Caffè Identitario' a Napoli. Appassionato di storia di Napoli e Sud (in particolare dal periodo del Regno delle Due Sicilie a quello Risorgimentale Post-unitario), Attivista del "Comprasud" per la difesa dei prodotti e delle aziende presenti sul territorio meridionale dall'Abruzzo alla Sicilia, collabora con diverse associazioni di beneficenza territoriale.