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No al nucleare e all’aumento di spese militari: a Napoli si presenta la petizione

Una rete eterogenea di persone ha lanciato una petizione online per dire no all’aumento di spese militari e al nucleare. Giovedì 21 aprile alle ore 11, nell’Istituto per gli Studi Filosofici di Napoli è in programma la presentazione pubblica della petizione che ha già raggiunto oltre 6100 firme.

A NAPOLI SI PRESENTA LA PETIZIONE CONTRO AUMENTO SPESE MILITARI

L’idea è quella di lanciare un appello al governo affinché si cambino le scelte sull’aumento delle spese militari e si approvi il Trattato di proibizione delle armi nucleari. Come spiegato all’Ansa dai promotori è stato scelto il capoluogo partenopeo per promuovere questa iniziativa:

A Napoli sta nascendo una rete di associazioni e persone che rivolge un appello al Parlamento e al Governo perché si cambino le scelte sull’aumento delle spese militari, con l’obiettivo di realizzare forze militari europee e non incrementare le spese nazionali“.

LA PETIZIONE

Come si può leggere nella petizione:

L’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, chiesto dalla Nato, votato pressoché all’unanimità dal Parlamento, confermato dal governo Draghi anche se confusamente spalmato in anni, è non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato. L’obiettivo è realizzare forze militari europee, non incrementare spese nazionali, come in Italia o in Germania (in questo caso per la prima volta dal 1945). L’Unione Europea deve assumere la responsabilità sulla difesa, la sicurezza e la politica estera. Come fu accertato da un’indagine conoscitiva del Senato la realizzazione di un esercito europeo richiederà tagli e razionalizzazioni in alcuni settori, incrementi in altri: non un generico aumento e spreco di risorse. L’Italia con la finanziaria del 2022 ha già aumentato gli stanziamenti nella difesa di circa il 20% rispetto al 2019, del 75% nelle infrastrutture militari. Le risorse per le forze armate sono quest’anno complessivamente 25 miliardi di euro: portarle oggi al 2% del Pil significherebbe un incremento di 13 miliardi.

Quale significato concreto ha aumentarle da qui al 2028? Il Pil varia ogni anno: di quanto cresceranno anno per anno gli stanziamenti, in un’ottica principalmente nazionale? Quale sarà la loro entità finale? Domande senza risposta, perché errata è l’impostazione di fondo. L’aumento delle spese militari non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina. Decisioni relative alle spese militari non possono essere prese sotto la pressione di emozioni del momento (come sta facendo l’Amministrazione Biden con un aumento del 4% della spesa militare nel budget per l’anno fiscale 2023, giustificato “per rispondere con forza all’aggressione di Putin contro l’Ucraina”) e soprattutto senza il coinvolgimento dei cittadini in un reale confronto pubblico. Gli Stati democratici hanno il dovere di garantire anche la nostra sicurezza collettiva, ma nel nostro tempo essa non si realizza attraverso una corsa nazionale al riarmo e occorre che non sia in contrasto rispetto alla necessità di assicurare beni pubblici primari, quali il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, al superamento di povertà e disuguaglianze. Nella costruzione di forze armate europee, nel quadro dell’alleanza euro-atlantica, è indispensabile ripensare funzione e ruolo della Nato: queste decisioni non rappresentano un “dopo” rispetto a scelte consapevoli e lungimiranti di una sicurezza non più declinabile nazione per nazione: sono contestuali!“.