Cultura

Non lo sapevo. A Napoli il primo Museo Mineralogico d’Italia

Nella strada universitaria per eccellenza, sorge uno dei più importanti complessi di Napoli: il Real Museo Mineralogico. Lo stabile è situato lì dove un tempo aveva sede la biblioteca del Collegio Massimo dei Gesuiti. Costruita su due livelli, alla fine del Seicento, la biblioteca divenne sede universitaria quando i gesuiti furono espulsi dal Regno di Napoli con un decreto del 1777.

L’edificio fu poi scelto da re Ferdinando IV di Borbone, nel 1801, per realizzare il primo museo mineralogico d’Italia. La base dei prodotti custoditi nel complesso fu formata da una serie di campioni che Matteo Tondi, scienziato e mineralogista pugliese, e Carminantonio Lippi, geologo, vulcanologo e mineralogista campano, raccolsero durante i loro viaggi in Galizia, Germania, Transilvania, Islanda, Boemia, isole Britanniche e isole Orcadi. Come conseguenza della nascita del Real Museo, nel 1806, fu istituita all’Università di Napoli la prima cattedra di Mineralogia, affidata proprio a Tondi. Nel 1842 ai minerali presenti si aggiunsero quelli della collezione privata dell’abate Teodoro Monticelli acquistata dal direttore del museo, Arcangelo Sacchi. Questa raccolta è chiamata Vesuviana poiché comprende minerali proveniente o legati all’attività del Vesuvio. Attualmente il Museo annovera anche la Collezione Grandi Cristalli, costituita da sedici reperti tra i quali una coppia di cristalli di quarzo ialino proveniente da un filone pegmatitico del Madagascar donato a Carlo di Borbone nel 1740, e la Collezione Tufi Campani, formata da 660 reperti come la fluoborite, corrispondente alla discreditata nocerite,  la hörnesite e la condrodite.

Cristalli di osumilite con habitus prismatico esagonale submillimetrici, trasparenti ed incolori in un proietto dell’eruzione del Vesuvio del 1872

Il Real Museo Mineralogico raggiunse il suo massimo prestigio quando, dal 20 settembre al 5 ottobre del 1845, fu scelto come sede del Settimo Congresso degli Scienziati Italiani. La conferenza, presieduta da Nicola Santangelo, Ministro degli Interni del Regno, accolse più di milleseicento scienziati. Tre anni dopo, nel momento in cui Ferdinando II emanò la Costituzione, il salone del Museo ospitò le prime riunioni della Camera dei Deputati. Nel 1853 Nicola Lucignano, membro del Consiglio generale della Pubblica Istruzione, scelse questo monumentale complesso per recitare l’orazione commemorativa in occasione della distribuzione della medaglia con l’effigie di Tommaso d’Aquino, nominato protettore dell’Università di Napoli.

Infine, nel 1860, l’edificio ospitò anche uno dei dodici seggi elettorali per la votazione sull’annessione al Regno d’Italia.

Nel 1930 e nel 1980 il Museo fu danneggiato dai due terremoti che colpirono la città. Incisero sul suo sviluppo anche gli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale, ma fortunatamente le collezioni furono quasi integralmente salvate dai professori Antonio Parascandola e Antonio Scherillo. Quest’ultimo, negli anni Cinquanta, riorganizzò l’intera disposizione del complesso, che aprì definitivamente al pubblico nel 1960. L’edifico fu però chiuso, per alcuni anni, dopo il sisma dell’Ottanta.

Nel 1992 il Real Museo Mineralogico, insieme con altri tre storici musei, ha costituito il Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università di Napoli Federico II, uno dei poli scientifici italiani di maggior attrazione.

Fonti:  Donata Brianta, “Europa mineraria”, Milano, Franco Angeli, 2007

“Il progresso delle scienze, lettere ed arti”, Napoli, Tipografia Flautina, 1836

Sito del Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche