Cultura

Perché Napoli dovrebbe ammirare ciò che sta avvenendo in Catalogna

L’indipendenza della Catalogna è il tema più scottante degli ultimi giorni, specialmente in virtù della “reazione” violenta attuata dalle autorità spagnole nei confronti dei partecipanti al referendum (considerato dal governo spagnolo incostituzionale) e la relativa repressione violenta da parte delle forze di polizia.

Le immagini di donne ferite al volto e persone trascinate con forza fuori dai seggi ha toccato la sensibilità di molti, tanto che il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha fatto esporre la bandiera catalana dal balcone di Palazzo San Giacomo. I napoletani (e con loro tutte le genti del Mezzogiorno) dovrebbero guardare alla Catalogna con maggiore interesse, in virtù della nostra storia che si fonde con la loro sin dal 1442.

Sotto la dominazione Aragonese, Napoli visse un periodo di rinascimento culturale: Alfonso V d’Aragona consolidò il Sud Italia, Sicilia compresa, ponendolo sotto il diretto controllo di Napoli, instaurando un’amministrazione centralista e adoperandosi, nel frattempo, a riformare il sistema agricolo del Regno, al tempo considerato tra i più produttivi d’Europa.

Alfonso V, salito al regno d’Aragona, decidette di conferire al suo unico figlio, tra l’altro illegittimo – forse concepito da una nobildonna napoletana, tale Gueraldona Carlino – il Regno di Napoli, di cui ricevette la corona nel 1458, con il nome di Ferdinando I di Napoli.

Don Ferrante, così come iniziarono a chiamarlo i Napoletani, fu il primo sovrano di una dinastia di regnanti puramente Napoletani, seppur per un breve periodo. Egli venne fatto cavaliere da suo padre sul campo di Maddaloni, combatté le rivolte dei Baroni e le guerre contro gli angioini con il pugno di ferro, regalando al Regno un ventennio di prosperità. In quegli anni Re Ferrante liberò quindi dal giogo dei Baroni i contadini, costretti fino a quel momento a pagare tasse sotto forma di ingenti derrate alimentari.

Il Regno di Napoli perse la sua indipendenza effettiva contemporaneamente all’unione delle corone di Castiglia e Aragona: quest’unione darà vita al Regno di Spagna, che degraderà Napoli a Vicereame governato da funzionari spagnoli.

Napoli e Barcellona hanno seguito per secoli due binari diversi ma paralleli, entrambe possiedono una propria lingua, una propria cultura e condividono oltretutto un passato difficile con il governo centrale. A differenza di Barcellona, tuttavia, Napoli e tutto il Mezzogiorno hanno dovuto subìre e tuttora subisce la cancellazione e la denigrazione della propria memoria storica, che deve essere ripristinata. È un processo lungo, ma è già cominciato.

In Catalogna la corrente separatista è andata evolvendosi fin dagli ultimi anni della prima guerra mondiale, scoppiando con il colpo di stato attuato da Miguel Primo de Rivera nel 1923. Oggi, a distanza di 94 quattro anni da quell’evento, la Catalogna chiede nuovamente, e in modo pacifico, di poter decidere del proprio futuro.

Gli elettori catalani non meritano la violenza di cui sono stati vittima, e se il governo Spagnolo aveva delle ragioni a proprio favore, le ha perse nel momento stesso in cui ha usato la forza contro i propri cittadini.

Napoli ed il Sud intero, che di soprusi ne hanno subiti parecchi nel corso della storia, dovrebbero forse guardare agli eventi in Catalogna con una certa ammirazione per un popolo così diverso ma così simile, cosciente della propria identità, e porsi dalla parte dell’autodeterminazione dei popoli, quella stessa libertà d’autodeterminazione di cui sono stati privati nel corso della storia.

Fonti

  • – http://www.treccani.it/enciclopedia/federico-d-aragona-re-di-napoli_%28Dizionario-Biografico%29/
  • – Ghirelli Antonio, Storia di Napoli, Einaudi, 2015