Cultura

Carcere di Poggioreale: quando la scrittura rende liberi

Lanciato dalla Pastorale Carceraria della Diocesi Arcivescovile di Napoli, il giornale, “Liberi di informare, dentro ma fuori dal carcere” si ripresenta con una redazione nuova, con l’obiettivo di donare sostegno ai detenuti.

Protagonisti di scrittura e comunicazione, i detenuti raccontano i pensieri, le storie, e le attività della loro quotidiana vita carceraria. Don Franco Esposito, ministro religioso a cui venne affidata la ufficiatura dell’Istituto penitenziario di Poggioreale, consegnò il progetto nelle mani dell’Associazione Liberi di Volare Onlus, che attraverso l’aiuto di volontari affiancati da un gruppo di professionisti, oggi, organizza attività laboratoriali-espressive.

Il giornale vuole soddisfare la necessità di intraprendere una vera e propria opera di sensibilizzazione dell’intera comunità. Lo fa attraverso la promozione di nuove proposte di formazione, e rieducazione come unico fine un completo e sano reinserimento, credendo fermamente che “il mensile può essere per i detenuti un modo per sentirsi ancora parte della comunità ed è anche un modo per far entrare nel carcere la comunità esterna.” Lo racconta lo stesso Don Franco in questo video:

Il carcere nella sua enormità non riesce a dare una risposta di miglioramento a tutti coloro che stanno scontando una pena detentiva, ma soprattutto un senso di accoglienza da parte della Società una volta fuori. La scrittura diventa così lo strumento per uscire dal guscio della solitudine e raccontarsi.

Foto Associazione Liberi di Volare Onlus

È Emanuela Scotti a dirigere la testata, che con grande passione e tenacia ha trasformato l’informazione in una vera e propria forma di comunicazione: “Ho partecipato per la prima volta al corso organizzato, nell’anno 2018, presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale a Capodimonte, su incarico del giornale online con cui collaboro, di seguire, tutte le lezioni, e scrivere un reportage.

In quell’occasione, mi colpì il legame intenso che esiste tra i detenuti e i volontari carcerari, anch’essi partecipanti al corso. Mi sembrarono, da subito, una sola famiglia, con un grande papà, don Franco Esposito, che era tra gli organizzatori del corso. Capii che per fare volontariato carcerario occorrono competenza, coraggio ma soprattutto un grande cuore e una grande apertura mentale, per essere vicini agli ultimi, “gli esclusi come inclusi”. 

Foto Associazione Liberi di Volare Onlus

Nelle parole della giornalista si leggono emozioni forti: un progetto nutrito da un profondo ottimismo, la voglia di far respirare normalità. “Conosco la realtà carceraria attraverso le testimonianze dei detenuti e delle loro lettere. Appena me le ritrovo tra le mani, mi emoziono, mi commuovo nel leggerle. E questo grazie anche alla speranza che traspare dagli scritti, speranza che una volta usciti da quelle mura, si possa realmente rinascere a nuova vita. Ecco, la sofferenza che si conclude in speranza, è il filo conduttore di ogni scritto e ogni loro testimonianza”.

Nell’attesa, l’amicizia tra fede e scrittura riesce ad alleggerire “il mondo buio del penitenziario”. Decidendo di uscire fuori dagli schemi, Emanuela Scotti e Don Franco hanno predisposto la stampa dell’intero giornale categoricamente non in bianco e nero: “per colorare, anche solo attraverso le pagine di un giornale, le vite dei principali lettori, i detenuti.”

Foto Associazione Liberi di Volare Onlus

Il coinvolgimento e la partecipazione attiva, sono segnali di un esito fruttuoso, che sicuramente trova le sue radici nella presenza di un uomo di chiesa: “Don Franco è la luce in fondo al tunnel, come il miraggio per i detenuti che in lui trovano guida e sostegno; il prete degli ultimi, il prete di strada per eccellenza, che parla e racconta di fede con coraggio, ponendo il condannato, non solo come colui che va perdonato, ma soprattutto aiutato nella reintegrazione sociale.

Io ringrazio don Franco per la fiducia che mi ha dato, affidandomi la direzione di un giornale originale e coraggioso, e sicuramente la sua “presenza” è il sigillo di garanzia alla buona riuscita del giornale. Rappresenta per me che lo dirigo sicurezza e tranquillità….immagino per i “redattori – detenuti” cosa possa rappresentare, a questo punto!”. 

Ma qual è la gratificazione più grande che si possa ottenere da un lavoro che prende piede in un luogo dove il concetto di cultura molto spesso entra in antitesi con il concetto di umanità? “Per la presentazione del giornale ai detenuti, nella cappella del carcere di Poggioreale, il 31 dicembre durante una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Crescenzio Sepe.

Fui accolta dai detenuti presenti con una gioia che non dimenticherò mai più. Mi ringraziavano, applaudivano, cantavano i loro inni di fede, entusiasti del giornale appena nato… il loro giornale, con la voglia di parlare, ascoltare e farsi ascoltare”.

2500 furono le copie stampate per la prima edizione del gennaio 2019. Purtroppo, “in questo tempo di pandemia, dove la distribuzione del giornale è ridotta, la tiratura, resa possibile grazie al contributo volontario della Fondazione di San Gennaro onlus, è di circa 1000 copie.” testimonia la Direttrice.

Questo non è però l’unico danno che ha causato l’arrivo dell’epidemia da Covid-19. Infatti, la mancata possibilità di sentirsi ascoltati, di sentirsi persone, è stata aggravata dalla decisione del governo di sospendere non solo ogni attività di volontariato, ma anche l’incontro con i propri cari, nelle carceri.

A farne le spese in questo modo è stata la socialità dei detenuti, e quindi il loro benessere psicologico e fisico. Posso dire che in questo periodo di vita sospesa per ciascuno di noi, sia vissuto anche per loro come un tempo di sospensione, soprattutto di profonda sofferenza e con scelte di solitudine.” Racconta Emanuela Scotti.

Dal laboratorio alla scoperta di nuove forme d’espressione e talenti: “la più grande innovazione è quella di rendere i detenuti redattori, attraverso la pubblicazione integrale dei loro scritti. In particolare, ricordo la pubblicazione di una serie di fumetti disegnati dai detenuti, a valle di un laboratorio creativo tenuto presso il carcere di Poggioreale, da Chiara Ferrara, che è anche redattrice del giornale, sul tema della “cura”, da rappresentare nel fumetto”.

Un monito affinché realmente la reclusione smetta di essere nei fatti esclusione. Con l’augurio che ‘Liberi di informare’ “possa riprendere a pieno regime, non smettendo mai di informare “da fuori a dentro le mura del carcere”.