La Villa di Popidio Florio a Boscoreale torna ad essere interessata da indagini archeologiche e da attività di messa in sicurezza che fanno “sognare” una futura fruibilità pubblica dell’antico sito romano.
Boscoreale torna a guardare al suo straordinario passato. A 120 anni esatti dall’avvio dei primi scavi datati 1905, la Villa di Numerio Popidio Floro, una delle più importanti ville rustiche dell’agro pompeiano, è di nuovo al centro di un articolato progetto di indagine archeologica e di tutela strutturale guidato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli.
Questa iniziativa, promossa in stretto raccordo con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, nasce dall’esigenza di preservare un sito che negli ultimi decenni ha sofferto non solo per i danni del tempo, ma anche per manomissioni e scavi clandestini che ne hanno compromesso in più punti la stabilità.
Nel comunicato si sottolinea che l’obiettivo principale è, oltre alla salvaguardia, anche la conoscenza scientifica del complesso: gli interventi consistono in attività di rilevo, verifiche strutturali e indagini mirate a comprendere l’articolazione degli spazi e recuperare nuove aree finora inesplorate.
L’importanza della villa è testimoniata anche dagli incredibili reperti già rinvenuti nei primi scavi: elementi architettonici, mosaici e affreschi di grande valore oggi custoditi nei principali musei del mondo, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli al Louvre di Parigi, dal Metropolitan Museum di New York al Paul Getty Museum di Malibu.
Come dichiarato da fonti istituzionali, questa fase di lavoro, seppure preliminare, “apre scenari che fino a pochi mesi fa sarebbero apparsi irrealistici”, offrendo così nuove possibilità di conoscenza e, in prospettiva, anche di valorizzazione pubblica del sito.
Il progetto, reso possibile anche grazie alla collaborazione con i proprietari dell’area, la famiglia Faraone Mennella, rappresenta un passo significativo nel lungo percorso di tutela e valorizzazione di uno dei gioielli archeologici meno visibili dell’area vesuviana.