Andrea Vaccaro, un grande pittore napoletano criticato e dimenticato

Il ‘600 è stato un secolo d’oro per l’arte pittorica della città di Napoli, perché in quel secolo è nata la cosiddetta “pittura napoletana”, che si estende su un arco di tempo che va proprio dal Diciassettesimo secolo fino alla metà del Novecento. Un anno che sicuramente bisogna ricordare è il 1606, quando Caravaggio giunse nei Quartieri Spagnoli per rifugiarsi dalla condanna a morte che lo aveva colpito nello Stato Pontificio: da allora in tutti i più grandi pittori napoletani sarà più o meno evidente l’influenza del pittore la cui fama era grande in tutta la penisola italiana.

Uno degli esponenti della pittura napoletana è stato Andrea Vaccaro (che si deve distinguere da altri due artisti, padre e figlio, che portavano il suo stesso cognome, Lorenzo e Domenico Antonio), il personaggio di cui ci occupiamo oggi per la rubrica Figli illustri di Napoli. Nato a Napoli l’8 Maggio 1604, artista quasi dimenticato, il quale ha ricevuto ben poca attenzione dalla critica che lo ha quasi sempre liquidato come pittore abile, in grado di raggiungere alti livelli, ma mediocre, dato che non possedeva uno stile proprio, limitandosi a prendere e rielaborare lo stile e le forme degli altri grandi artisti; un giudizio sul quale influisce il fatto di essere stato allievo di Tommaso Passaro, un copista di Jusepe de Ribera (detto “Spagnoletto” per la statura bassa e per l’essere napoletano d’adozione nato a Valencia). Un giudizio troppo severo nei confronti di Andrea Vaccaro, il quale pur non raggiungendo e non avendo il talento dei suoi più celebri contemporanei, tra i quali Luca Giordano, Massimo Stanzione, Salvator Rosa, Francesco Solimena e lo stesso Spagnoletto, resta uno dei più grandi esponenti di quello che gli studiosi chiamano “naturalismo classicizzato”, quella corrente cioè interpreta il naturalismo di Caravaggio in chiave classica.

Andrea Vaccaro – Rebecca al pozzo

L’eclettismo di Andrea Vaccaro, contraddistinto da pacatezza, regolarità, tranquillità, privo (e questa una delle maggiori critiche rivoltegli da molti critici) dell’espressività e della sregolatezza ad esempio di Massimo Stanzione, gli consentirono di avere molto successo in fatto di commissioni in quel periodo che era di Controriforma Cattolica, il quale perciò si conciliava bene con le interpretazioni del Vaccaro, e i temi religiosi infatti erano quelli affrontati dal pittore nella grande maggioranza dei casi. Un modo di dipingere perfettamente funzionale all’intento dell’artista, quello di infondere la pace e la devozione nell’animo di chi guarda, spesso turbato dal clima controriformistico di intimidazione, violenza, terrore; i dipinti di Andrea Vaccaro erano capaci di assopire i turbamenti e le turbolenze soprattutto spirituali dei fedeli. Questo è il motivo per cui il pittore non merita assolutamente di essere considerato mediocre, dovendo al contrario essere rivalutato; ecco perché, a mio avviso, il Vaccaro “ha vinto”.

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