Storia

“Facite ammuina”: il falso storico creato per ridicolizzare i Borbone

«All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa
e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora:
chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra
e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta:
tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa
e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio
passann’ tutti p’o stesso pertuso:
chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”.
N.B.: da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del Regno.»

Questo riportato è il testo di un ordine che si riteneva appartenesse al regolamento della Real Marina del Regno delle Due Sicilie. In realtà si tratta di un falso storico.

Circa la sua origine ci sarebbe una duplice interpretazione. La prima vuole che il falso sia stato il frutto dell’ilarità e del cameratismo dei cadetti napoletani della Reale Accademia Militare. Secondo altri, invece, il documento avrebbe tratto la sua ideazione da un fatto veramente accaduto dopo la nascita della Reale Marina Italiana.

Il protagonista della vicenda fu un ufficiale napoletano, Federico Cafiero, il quale già durante l’invasione del Regno delle Due Sicilie decise di passare sotto le insegne piemontesi. Questi, sorpreso da un suo superiore a dormire a bordo, fu arrestato a causa della sua indisciplina. Una volta scontata la pena, il Cafiero riottenne il suo grado e ritornò a svolgere le proprie mansioni.

Il militare penso bene però di accordarsi coi propri uomini, escogitando l’ordine di “fare ammuina” (ovvero fare quanta più confusione possibile), ogni qualvolta che sull’imbarcazione si fosse presentato, in una visita a sorpresa, un ufficiale di grado superiore. In questo modo il Cafiero non solo ideò uno stratagemma che lo avrebbe avvertito della cosa, avendo tutto il tempo di non farsi cogliere di nuovo in fallo, ma avrebbe fatto anche una bella figura in quanto, a causa dell’andirivieni di uomini previsto dall’ordine, il suo equipaggio si sarebbe mostrato operoso ed efficiente.

A suffragare la tesi della falsità del documento abbiamo diversi elementi utili. Il primo è quello che quest’ordine non compare nel regolamento della Real Marina del Regno delle Due Sicilie. Tra le fila degli ufficiali duosiciliani, inoltre, non compaiono né un Di Brocchitto né un Bigiarelli presunti firmatari dell’ordine.

Infine anche il grado di “Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina” è falso in quanto non era un ruolo previsto nei ranghi della Reale Marina borbonica. A sconfessare, ulteriormente, la sedicente autenticità dello scritto è la stessa lingua in cui è stato redatto. Tutti i documenti ufficiali e gli ordini militari, infatti, erano scritti in Italiano e non in Lingua Napoletana.

In conclusione si crede che tutta questa storia altro non sia che uno dei tanti e squallidi tentativi escogitati per discriminare il Regno delle Due Sicilie ed i suoi principali apparati strutturali. Nello specifico siamo al cospetto di un aneddoto denigratorio architettato ad hoc per screditare le forze armate borboniche.

È risaputo però che la Real Marina del Regno delle Due Sicilie fosse la più antica, valida e potente tra quelle degli altri stati preunitari. Autentico fiore all’occhiello per i Borbone di Napoli, grazie al quale potevano vantare una certa preminenza in tutto il Mediterraneo. Principale strumento di difesa per lo stato borbonico, la sua defezione pressoché totale durante l’invasione piemontese fu un fattore determinante per il successo della campagna di Giuseppe Garibaldi.

L’efficienza e l’importanza della flotta borbonica sopravvissero anche ad Unità d’Italia avvenuta. Si pensi al processo di “piemontesizzazione” che coinvolse tutta la penisola italiana dopo il 1861; la marina del neonato Regno d’Italia ne fu esentata e, per espressa volontà del Conte di Cavour, adottò uniformi, regolamenti e gradi di quella borbonica poiché considerati di gran lunga migliori.

Fonti:
– Gigi Di Fiore, I vinti del Risorgimento