La nuova camorra? Un mostro a 110 teste: il dossier Dia sui clan napoletani

La Direzione investigativa antimafia definisce la camorra “un mostro con 110 teste”, capace di attirare sempre più figure imprenditoriali e di infiltrarsi facilmente in diversi settori produttivi del Paese, scegliendo in particolar modo le eccellenze di produzione.

La camorra riesce a condizionare le fasce più deboli della popolazione, che vedono nella criminalità una salvezza socioeconomica, che spesso lo Stato non riesce a dare. Stupefacenti, armi, rifiuti e contraffazione sono i mercati prescelti dai malavitosi che, come si legge su Repubblica.it, hanno dato vita a ben 110 clan sparsi su tutto il territorio, senza contare i gruppi minori di criminali e quelli di etnia straniera.

Per la criminalità organizzata campana, la Dia ha dedicato un intero capitolo di una relazione in cui si ripercorrono alcune indagini eseguite dalla Dia di Napoli, dirette dal pool anticamorra della Procura e coordinate dalla Direzione nazionale antimafia, nei primi sei mesi del 2015.

Inchieste in cui si confermano le continue infiltrazioni della camorra negli appalti e nelle amministrazioni pubbliche: “Le indagini hanno documentato come i clan si siano rivelati pronti a sfruttare la permeabilità delle istituzioni”. E’ in proprio in Campania che i clan operano e dominano attività economiche, specializzandosi in alcuni settori, tra cui stupefacenti e contraffazione di documenti e banconote, utilizzando tecnologie all’avanguardia.

I clan napoletani sono riusciti ad infiltrarsi anche in altre regioni d’Italia. In Lombardia, esponenti di clan napoletani avrebbero investito interi capitali per poter “acquistare aziende e subentrare nella loro gestione”. Molti malavitosi campani avrebbero diffuso il mercato della droga anche in Piemonte, Liguria, Fiuli Venezia Giulia, Abruzzo e Toscana. 

Oltre alla droga, attività alberghiere, immobiliari e di ristorazione, sono gli interessi maggiori dei gruppi camorristici consolidati invece nel Lazio.