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San Gerardo: il protettore di bambini, mamme e gestanti

Gerardo figlio di Domenico Maiella e Benedetta Galella. Di provenienza sociale umile: il padre opera nel campo della sartoria e la madre fa la contadina. Il cognome Maiella è un ipocoristico di Machiella o Macchiella. San Gerardo nasce a Muro Lucano, ci sono fonti discordanti sul giorno: 6 o 23 del mese di aprile del 1726. Nel caso fosse nato il 23 aprile, coinciderebbe col giorno del suo battesimo.

La gioventù di San Gerardo non è di certo delle migliori. È un ragazzo dallo stato di salute cagionevole e per di più il padre muore quando lui frequenta la scuola elementare. Il ragazzino è vincolato ad apprendere una mansione per sbarcare il lunario. Diventa apprendista di un sarto di nome Martino Pannuto, ma la sua esperienza lavorativa ha vita breve perché vuole farsi prete. Il 5 giugno del 1740 si fa cresimare nel suo paese dal vescovo di Laucedonia denominato Claudio Albini. Poco dopo, cerca una raccomandazione dallo zio cappuccino Bonaventura da Muro per poter entrare nel suo ordine, ma lo zio declina la sua proposta probabilmente per la sua salute cagionevole.

Deve ingraziarsi qualcuno della Chiesa per cui sceglie di lavorare al servizio del vescovo, lo stesso che lo ha battezzato. Lavora per tre anni, il vescovo non si presenta caratterialmente un uomo per niente affabile: infatti circola voce che chi lavora per lui riesca a farlo per pochissimi giorni. Questa notizia ci fa comprendere il forte carattere di Gerardo. Egli lavora per tre anni a causa della morte del vescovo accaduta il 25 giugno 1744.

Si trova così senza arte né parte, ricerca invano di accedere nell’ordine dello zio e successivamente ripercorre la strada dell’apprendistato come sarto. Essendo per lui un lavoro di ripiego, ottiene scarsissimi risultati e ciò nonostante apre in proprio l’attività di cui non ottiene una grande fama. A chiudere il capitolo del suo lavoro è la crisi materiale che attanaglia la sua città. Ci prova per racimolare dei soldi lavorando come guardarobiere in un collegio a San Fele gestito da Luca Malpiede.

Statua di San Gerardo, foto scattata nel Santuario dell’omonimo santo.

La vita di San Gerardo ha una svolta con l’arrivo dei padri redentoristi nel 1749. Lui tenta di convincerli a entrare nell’ordine, però  non accettano perché ha la cattiva fama di fannullone e il suo essere anormale “alienato dai sensi” – per citare le parole di Gaspare Caione, primo biografo di San Gerardo – . Gli stessi redentoristi, secondo la tradizione, raccomandano la mamma di Gerardo nel non farlo uscire di casa nel mentre vanno via per evitare di trovarselo con loro. La mamma segue il precetto dei padri, ma Gerardo fa una “evasione” di casa calandosi dalla finestra grazie a un lenzuolo impiegato a mo’ di fune. “L’evasione di casa” consente a Gerardo di far parte dell’ordine religioso il 17 maggio del 1749 e va al convento di Deliceto come religioso laico, occupandosi di lavori manuali perlopiù umili.

Grazie all’ingresso all’ordine gli consente di avere contatti con la nascente comunità delle monache di Ripacandida. Gerardo ha scritto ben 47 scritti di cui la maggior parte, 44, sono lettere indirizzate alle monache. Tre anni dopo prende i voti e ha l’onere di occuparsi della questua operando fino al 1754 tra i territori posti nelle due rispettive province di Foggia e Potenza. San Gerardo, secondo la tradizione, aiuta gli umili, converte i non credenti, fa tanti miracoli per la maggiore taumaturgici, ha contatti mistici e persuade molte donne a farsi monache.

Proprio una di queste, Nerea Caggiano, gli crea non pochi problemi. Nerea Caggiano vuole essere la prima donna di Gerardo e grazie a lui diventa monaca nel convento di suor Crostarosa a Foggia. La ragazza capisce che quel ruolo non fa per lei e viene dimessa. Nel frattempo Gerardo è  andato a casa di una certa Nicoletta Cappucci per convincere sua madre, donna Manuela, a lasciarla andare per farsi monaca. La signora fa diffondere l’avvenuta conversazione tra le persone e lo viene a sapere anche Nerea.

Ella in un momento di confessione calunnia Gerardo al prete per aver avuto una tresca con Cappucci – in altre fonti, come Treccani, si legge che la calunnia ha per oggetto un rapporto amoroso con Nerea -. Il prete le dice di far scrivere il suo assunto su carta e una volta scritto lo manda a Pagani ad Alfonso Maria de’ Liguori. Alfonso coinvolge da subito il suo fedelissimo padre Villani per fare un’inchiesta. Padre Villani conclude che Gerardo è colpevole, quindi Alfonso invita Gerardo alla casa a Pagani.

Gerardo rispettando la regola non risponde alle accuse di Alfonso e viene mandato per punizione prima a Ciorani e poi a Caposele. In questi posti non deve avere contatti con persone che non fossero confratelli e deve mortificarsi così come vuole la regola. A Materdomini scrive un testo dal titolo “Regolamento di vita” cui spiega le sue idee in merito alle mortificazioni dando apposite motivazioni ed esplica la sua riverenza verso specifici santi e Madonne: Michele arcangelo, Luigi Gonzaga, Maria Maddalena dei Pazzi, Teresa di Gesù etc.

Nel frattempo, Nerea si dispiace dell’accaduto e ritira l’accusa. Alfonso richiama Gerardo a Pagani e chiede ragione per cui lui non gli ha detto la verità, Gerardo gli fa comprendere che ha semplicemente assecondato la regola dell’ordine.

Riproduzione della stanza di San Gerardo. In questo luogo Gerardo muore il 16 ottobre 1675. Foto scattata nel Santuario di San Gerardo.

Per far rinsaldare i nervi di Gerardo, Alfonso lo invia a Napoli e qui commette, secondo la tradizione, tante azioni prodigiose. Si ricorda il miracolo a Pietra durante un tempo burrascoso che fa “imbestialire” il mare tanto da mettere a repentaglio la vita di alcuni marinai, che invano cercano di ritornare a riva. Gerardo si fa il segno della croce e cammina sul mare tanto da giungere fino ai marinai e con le dita sposta le barche portandole a riva. La città partenopea diventa utile per lui anche per imparare a lavorare la cartapesta grazie ad alcuni artigiani.

Ritorna poi a Caposele trovandosi ad affrontare un paese bloccato dal gelo e quindi si prodiga di razionare e smistare il cibo ai bisognosi. Finito il gelo, nel 1755 prende a cuore i lavori di estensione dell’edificio legato al santuario della Madonna. Gerardo si dedica alla questua per la causa del santuario e quindi si sposta in alcuni territori dell’Avellinese. Realizza due crocefissi di cartapesta, oggi si trovano nel collegio di Materdomini e nell’oratorio di Bosco di Montella.

Gerardo si ammala di emottisi nel mese di agosto e i medici decifrano la malattia come malaria e quindi gli fanno inutilmente dei salassi. Nonostante la sua malattia, lui si dirige a Oliveto per andare dal religioso Arcangelo Salvadore e qui resta per alcuni giorni fino al 31 agosto 1755. Dopo Oliveto, va a Caposele e arriva al santuario di Materdomini dove è vincolato di stare a letto e muore il 16 ottobre 1755 all’età di 29 anni.

San Gerardo viene beatificato il 29 gennaio da papa Leone XIII e canonizzato da Pio X il giorno 11 dicembre del 1904.

Sitografia:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/35000

http://www.redentoristinapoletani.it/le-comunit%C3%A0-in-italia-meridionale/materdomini-santuario-san-gerardo-maiella/san-gerardo-maiella/

http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-gerardo-maiella_%28Dizionario-Biografico%29/

Bibliografia:

A.Cattabiani, Santi d’Italia, Milano, Rizzoli libri, 1993,