Esattamente due giorni dopo, il 9 marzo, il Governo, con il primo DPCM dichiarava il “lockdown” in tutta Italia non tenendo conto, a quanto pare, delle direttive del comitato tecnico scientifico e reputando che fosse necessario chiudere tutto il Paese a scapito di quelle zone che mostravano molti meno contagi. E parliamo di zone già deboli dal punto di vista economico e che una chiusura del genere forse non potevano permettersela, ossia il Sud.
Anche per la riapertura, quando le regioni del Sud presentavano ormai da settimane zero o pochi contagi, il governo centrale ha preferito attendere che anche le regioni settentrionali si riprendessero prima di ripartire. La domanda che molti si sono posti in questi mesi è stata: “e se il Sud avesse avuto più contagi del Nord?”. Probabilmente avrebbero alzato i muri… A tal proposito, il nuovo soggetto politico “nato dalla costola del Movimento Neoborbonico” ossia il Movimento per il Nuovo Sud, in queste ore è pronto a richiedere un risarcimento danni al governo centrale in difesa di tutte quelle regioni meridionali che già prima del covid facevano fatica a stare al passo. In una nota si mette in evidenza la decisione di uniformare le misure estendendole anche al Sud.
“In pratica la stessa linea adottata anche successivamente in occasione delle riapertura di maggio, uniformate al Sud e al Nord nonostante le enormi ed evidenti differenze relative sempre ai contagi, mettendo a rischio l’intero Sud e danneggiandone l’immagine anche all’estero per il settore turistico. Premesso che si dovrebbe accertare quali criteri siano stati seguiti e sulla base di quali indicazioni, il Movimento per il Nuovo Sud ha avviato un’inchiesta con il proprio ufficio legale per valutare quali e quanti danni abbiano subito le regioni meridionali con questi provvedimenti adottati anche nel silenzio delle opposizioni. Tenuto anche conto della grave situazione di partenza che il Sud viveva prima dell’emergenza, il Sud è stato privato dell’occasione di una ripartenza agevolata con la possibilità di aiutare anche le regioni del Nord e magari con la possibilità di contribuire all’eliminazione di una piccola parte di un divario ormai antico di oltre un secolo e mezzo“.