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VIDEO. Ristoratore e musicista campani distruggono il tavolo e rispondono a De Luca

Un ristoratore e un musicista campani rispondono al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca con le sue stesse modalità e no, non sono bei modi. Sono bastati un tavolo, delle parole nero su bianco e una telecamera. Parole dure le loro ma di sicuro largamente condivise, soprattutto da tutti quei lavoratori che, lentamente ma inesorabilmente, stanno vedendo i loro guadagni sparire.

“Da marzo abbiamo sostenuto con fiducia il governo nelle misure adottate perché era necessaria la chiusura totale di tutte le attività. C’erano troppi morti: prima la salute, prima la vita. Noi che siamo umili ristoratori nei più disparati posti del mondo, dalle città ai buchi più piccoli della Campania, come tutti siamo stati chiusi per tre mesi e abbiamo poi riaperto con il delivery proprio perché avevamo personale che lavorava con noi e non ci sentivamo di rimanere chiusi a casa.

“Per fare ciò abbiamo investito dei soldi… in pubblicità, innanzitutto e nei dispositivi sanitari. Oggi, però, 21 ottobre 2020, basta, non ce la facciamo più e lo diciamo a voce altra. Viviamo in una regione “sgovernata” da quel vecchietto che ci ricorda tanto le sagre di paese, quelle di montagna (tra l’altro bellissime), infestate da personaggi che salivano sul palco a raccontare barzellette alle quali ridevano solo loro, quelle di spicciola fattura, piene di luoghi comuni e prive di sarcasmo.

“Si preparavano tutta la giornata per quei tre minuti di gloria. Ma, una domanda, signor “sgovernatore” i monologhi che reciti sono frutto del tuo cervello mononeuronale oppure hai dietro di te uno staff che hai attinto dai più beceri cabaret dell’hinterland Salernitano? Non fai ridere più nessuno. Anzi, tu non deridi più nessuno.

“Sembri uno di quei personaggi che si siedono davanti alla televisione e quando hanno finito di guardare un film, come quelli di Rambo e ai titoli di coda si alza, si mette una fascia in fronte e crede davvero di essere lui il personaggio. Ti spiego, però, come stanno andando le cose che vi sono sfuggite, cretinetti.

“Se tenessi aperte le scuole, forse impareresti qualcosa o ci ritorneresti, perché capiresti che la scuola, insieme agli esercizi pubblici, è uno dei posti più controllati. Potresti imparare che se i ragazzi non vanno a scuola si riversano nelle piazze, nei vicoli, nelle città, nei centri commerciali, nelle case… senza controllo.

“Se tenesse aperti i bar e i ristoranti fino alle 2:00, invece, potresti commissionare una frittura di pesce ai sindaci delle province per controllare se il pesce è fresco, se è croccante, se l’olio è di palma, di girasole, di gomito o come quello di, per dirla come te, della sfaccimma della gente che sta appresso a te e alle tue manie di protagonismo.

“Potresti capire (e lì subentra la matematica, cosa a te sconosciuta) che, se chiudiamo alle 23:00, le persone che prima si spalmavano nelle 5/6 ore di apertura al pubblico dalle 20:00 alle 2:00 di notte ora escono tra le 20:00 e le 21:00 e si assembrano fuori ai locali perché ci vogliono almeno 5 minuti per prendere i dati di un tavolo. Ma a questo, ovviamente, non ci arriva.

“Potresti capire che se spendiamo 200 euro per i sanificanti, 40 euro per un termometro o 40 euro di penne e fogli per prendere i nomi di tutti come se fossimo l’Erri De Luca o il Dante Alighieri di turno, il ristorante sarebbe il posto più sicuro. Ma a questo, ovviamente, neanche ci arrivi. 

“Oggi hai messo un altro punto alla tua sceneggiatura (o alla tua sceneggiata): le province chiuse. Quindi io, che mi trovo nell’ultimo paese della provincia di Caserta, non posso ospitare chi viene da Forchia, ad esempio, un piccolo paesino del Beneventano, che dista un minuto o da Acerra che ne dista 7. 

“Ma la cosa sconvolgente è che le province sono chiuse ma le regioni no. Quindi, se ho capito bene, devo autocertificare lo spostamento da Caserta a Napoli ma il pugliese o il milanese può tranquillamente entrare a Napoli senza particolari controlli. Qui davvero ci hai fatto fare una bella risata. Adesso siamo seri però.

“Le nostre palle sono piene di tutto quel marciume che ci circonda. Se vedi dietro di me, c’è scritto “Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”: è una frase che ci potrebbe accomunare tutti perché in questo locale, come tanti altri, ci accomuna l’arte, la condivisione, l’amore, la fratellanza… tutte cose a te sconosciute.

“Quindi noi abbiamo preso le tovagliette perché a te non piaceva il menù e abbiamo dovuto scriverci il menù sopra, perché sono monouso, perché sono fatte con l’inchiostro non inquinante. I bicchieri sono sanificati, i piatti sono sanificati, sono sanificate le posate, sono sanificati i tavoli con lo spray di presidi medico-chirurgici.

“E allora con questo tavolo apparecchiato ti diciamo soltanto una cosa: o cambi il tuo atteggiamento di superiorità nei confronti nostri che siamo degli umili servitori di persone che sono umili nei nostri confronti oppure, come direbbe qualcun altro, noi chiudiamo. Chiudiamo tutto. Chiudiamo ma con la certezza di non pagare neanche più le tasse. Non paghiamo più niente.

“E soprattutto oggi ci viene in mente anche un’altra poesia: “Lentamente muore chi non capovolge il tavolo”, chi è infelice sul lavoro. Noi oggi questo tavolo lo capovolgiamo. Avete capito bene, lo capovolgiamo”. Questo monologo termina con la vera e propria distruzione di un tavolo apparecchiato da ristorante: la triste metafora di un settore che, a causa della pandemia e delle decisioni dei governatori, sta agonizzando.

Qui di seguito, il video completo del duo: