Parlando di una presunta origine artificiale del virus che ha sconvolto le nostre vite, Abrignani ha dichiarato all’Adnkronos Salute: “Non lo so, non penso sia probabile, per ora non ci credo, ma aspetto di vedere i dati che lo dimostrerebbero. Sinceramente però, da medico, immunologo e clinico, non me ne può importare di meno“.
Il motivo per cui l’idea gli sembra poco probabile sta nella storia clinica dei “vecchi” coronavirus. “Già nel 2002 è saltato di specie un primo beta-coronavirus, che era il CoV1, dal pipistrello allo zibetto e poi all’uomo“, spiega Abrignani.
“Un altro beta-coronavirus nel 2012 è saltato dal pipistrello al dromedario e poi all’uomo. Nel 2019 è arrivato Sars-CoV-2“. Gli esperti non sono riusciti a individuare l’animale ponte, che tuttavia, sottolinea l’immunologo, “non sempre si riesce a trovare. Non è che il fatto di non trovarlo vuol dire che il virus esce da un laboratorio”.
Ma l’aspetto più importante che sottolinea Abrignani è questo: il Sars-Cov-2 sarà “un virus che ci porteremo dietro per tanto, tanto tempo e che farà parte della nostra vita. Capirne l’origine non cambia nulla dal punto di vista degli sforzi che dobbiamo fare per arginarlo“.