“Lo studio ha assistito una cliente ricoverata presso la clinica per sottoporsi ad un intervento chirurgico per l’impianto di un pacemaker. Purtroppo, come è stato poi accertato, l’omessa o inidonea sterilizzazione delle mani del sanitario che ha eseguito l’intervento e della strumentazione chirurgica di cui si è servito ha generato una virulenta infezione nel sito dell’impianto” – sostiene la Maior.
“L’infezione, inoltre, non diagnosticata per tempo e quindi non trattata con adeguata cura antibiotica, ha determinato lo spostamento del device verso l’esterno e ulteriori disagi psico-fisici. Il calvario ha visto la fine, dopo diversi mesi e solo quando questo impianto di defibrillazione è stato espiantato presso l’ospedale universitario di Pisa, a seguito del miglioramento delle condizioni cardiache della donna”.
Di qui il ricorso e la successiva decisione di risarcimento in favore della paziente. Dallo studio legale gli avvocati Michele Francesco Sorrentino, Pierlorenzo Catalano e Filippo Castaldo, spiegano: “Dopo aver depositato ricorso per Accertamento Tecnico Preventivo innanzi al tribunale di Nola ed il nominato CTU ha accolto le nostre difese, siamo riusciti a definire la lite stragiudizialmente e la cliente è stata risarcita per 48 mila per i danni fisici e psichici”.
“Le sofferenze patite per i casi di malasanità sono davvero inaccettabili e le sentenze di condanna hanno prima di tutto un valore sociale perché fatti del genere, negligenze intollerabili, non si verifichino mai più” – hanno concluso.