La Campania resta nel tunnel del commissariamento sanitario di fatto. Il Ministero dell’Economia e quello della Salute hanno bocciato il piano di rientro dal deficit presentato dalla Regione: secondo il governo, ci sarebbe ancora lavoro da fare sulla tenuta dei conti e sulla qualità dei servizi. Tradotto: il piano non convince, i campani dovranno aspettare ancora per una sanità degna di questo nome.
Ma in questa partita fatta di numeri, tabelle e relazioni tecniche, a pagare il prezzo più alto sono sempre i cittadini. Chi aspetta mesi per una visita. Chi va al pronto soccorso e resta ore su una barella. Chi rinuncia a curarsi perché non può permettersi una clinica privata. L’ennesima bocciatura suona come una condanna per un Sud che continua a inseguire un diritto alla salute che altrove è dato per scontato.
È il paradosso dei numeri: “premiata” la riduzione dei punti nascita e dei punti di prelievo. Ancora troppo poco il lavoro svolto per screening mammografici, del colon-retto e per la rete di residenze per anziani.
Da una parte, è evidente la rigidità del governo centrale, che impone vincoli stringenti e controlli severi. Il Governatore De Luca parla, senza mezzi termini, di “delinquenza politica”, mentre dal dicastero respingono le accuse al mittente. E più di un “maligno” legge questo scontro sulla pelle dei cittadini in chiave pre-elettorale.
Ma la Campania non è la Lombardia, e continuare a misurare tutto con lo stesso metro significa ignorare i divari strutturali che esistono tra Nord e Sud. I cittadini campani non possono essere ostaggi di calcoli ragionieristici mentre mancano medici, ambulanze e reparti.
Dall’altra parte, però, c’è la Regione, e con essa il governatore De Luca, che da anni promette la “rinascita” della sanità pubblica campana. Ma le promesse non bastano. Se il piano è stato bocciato, qualcosa non ha funzionato. Non è più tempo di propaganda: servono scelte coraggiose, trasparenza nella spesa, assunzioni vere e investimenti mirati.
Questa bocciatura ha un significato concreto: la Campania non può attingere a proprie risorse per le assunzione e blocca ancora il trasferimento governativo di 150 milioni di Euro che crea incredibili disparità di spesa pro-capite rispetto alle altre regioni.
La verità è che la Campania è stanca di essere sempre l’anello debole. E mentre da Roma si predica rigore e da Napoli si alzano i toni, i cittadini restano in attesa. Non di un piano approvato, ma di una sanità che funzioni davvero. Perché il diritto alla salute non dovrebbe conoscere differenze geografiche. Ma in Italia, evidentemente, sì.