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Proclamato lo sciopero generale per il 22 settembre: l’Italia che lavora si ferma per Gaza

Il 22 settembre sarà una giornata di mobilitazione nazionale: in tutta Italia è stato proclamato lo sciopero generale a sostegno del popolo palestinese e contro la guerra che da mesi devasta Gaza.

Genocidio a Gaza, sciopero generale il 22 settembre

Una scelta forte, che chiama in causa il mondo del lavoro come strumento di pressione politica e sociale. Lo sciopero coinvolgerà trasporti pubblici locali e nazionali, scuola e università, sanità, uffici pubblici, logistica, porti e settori privati, con modalità diverse a seconda delle città e delle categorie.

Stop dunque ad autobus, treni, aerei, ma anche alla didattica e a molti servizi pubblici essenziali, in un’azione coordinata che vuole lanciare un messaggio chiaro: l’Italia che lavora non resta indifferente di fronte al massacro quotidiano.

L’Italia si ferma per Gaza: perché la guerra riguarda anche noi

Le sigle promotrici che fanno parte della galassia dei sindacati di base hanno ribadito come la protesta non sia solo contro l’aggressione militare israeliana, ma anche contro le responsabilità dei governi occidentali, che continuano a fornire appoggio politico, economico e militare allo Stato di Israele.

“Ogni bomba che cade su Gaza ci riguarda da vicino” hanno affermato i comitati, sottolineando come la solidarietà internazionale non possa ridursi a parole di circostanza, ma debba tradursi in azioni concrete di boicottaggio e pressione politica.

Ciò che accade a Gaza non è lontano da noi, non è un conflitto “altri da sé” relegato in una striscia di terra martoriata del Medio Oriente. Ci riguarda da vicino perché parla di diritti negati, di vite spezzate, di libertà soffocate: valori universali che non hanno confini.

Il diritto internazionale fatto a pezzi: era la base dei nostri decenni di “pace”

Riguarda l’Europa e l’Italia perché viviamo in un mondo interconnesso, dove la violazione sistematica dei diritti umani non può essere ignorata senza diventare complici del silenzio. Dove le leggi internazionali che per decenni, almeno tra grandi potenze, hanno preservato una parvenza di pace in molti contesti oggi sono annientate dalle maschere gettate nei silenzi e nei colpevoli ritardi dei paesi “avanzati” come il nostro, convinti di vivere nell’intoccabile sfera del “giusto” e della modernità.

Gaza ci riguarda perché in quelle macerie ci sono anche le nostre responsabilità politiche, economiche e morali; ci riguarda perché ogni bomba che colpisce civili innocenti mina il senso stesso di giustizia e di umanità che dovrebbe essere il fondamento della nostra società.

No al profitto ad ogni costo: restiamo umani

La scelta di portare lo sciopero sul terreno del lavoro assume un significato particolare: interrompere la produzione e i servizi vuol dire mostrare che esiste un popolo che non si arrende alla logica della guerra e del profitto a ogni costo. Vuol dire ricordare che la dignità e i diritti dei lavoratori sono legati alla dignità e ai diritti dei popoli oppressi.

Il 22 settembre, dunque, non sarà soltanto un giorno di disagi per i trasporti o per le attività quotidiane: sarà soprattutto un giorno di testimonianza e di resistenza civile, in cui studenti, lavoratori, sindacalisti e cittadini diranno con forza che la pace e la giustizia non possono più aspettare. Gaza chiama, e l’Italia risponde fermandosi.

Sono nato mentre il Napoli vinceva il suo primo scudetto. Un "odi et amo" con questa terra, lungo una vita intera. Foto, videomaker, scrittura: do ossigeno a tutti i mezzi che mi consentono di raccontare la realtà, la mia realtà. Per i social sono #ilmennyquoditiano