Un’esplosione che poteva uccidere Sigfrido Ranucci e la sua famiglia: questa notte, l’auto del giornalista Rai e quella di sua figlia sono saltate in aria sotto casa in quello che sembra, a tutti gli effetti, un chiaro attentato a fini intimidatori.
Poche ore fa, nella notte tra il 16 ed il 17 ottobre, due auto parcheggiate davanti all’abitazione del giornalista Sigfrido Ranucci — quella del giornalista e quella di sua figlia — sono saltate in aria in quella che si configura come un’azione calcolata, brutale, dal chiaro intento intimidatorio.
Secondo le prime ricostruzioni, due ordigni sarebbero stati collocati sotto i veicoli. Le esplosioni forti, violente, hanno lambito la casa attigua e causato danni rilevanti. “Due ordigni hanno distrutto le automobili parcheggiate davanti casa a Campo Ascolano, alle porte di Roma. Le deflagrazioni sono state così forti da scuotere l’intero quartiere”, recita il comunicato social diffuso dallo stesso Ranucci.
Non è solo un attacco a oggetti. È un messaggio di paura, rivolto a chi con coraggio indaga, denuncia, racconta. In un Paese dove la libertà d’informazione è già messa alla prova, gesti come questo vanno interpretati come tentativi di fermare le voci scomode, di intimidire chi mette il dito nelle piaghe.
Sul luogo dell’accaduto sono intervenuti carabinieri, Digos, vigili del fuoco e la scientifica: la Procura competente ha aperto un fascicolo, mentre il Prefetto è stato informato.
Le indagini dovranno chiarire modalità, mandanti, responsabilità e accendere i riflettori su cosa significhi essere giornalisti in Italia oggi, dove la passione per la verità può costare caro.
L’ordigno avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento: una messa in guardia, crudele e diretta.
Ranucci, già sotto tutela a partire dal 2009, dal 2021 è sotto scorta h24. Al tempo era emerso che un boss legato alla ‘ndrangheta avrebbe ingaggiato due killer per farlo fuori. Dalle informazioni raccolte da Antimafia Duemila pare che, nonostante il clima di minaccia attorno a Ranucci, sembrerebbe che non ci siano telecamere di sorveglianza ad inquadrare il punto dell’esplosione.