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Terremoti più frequenti e forti ai Campi Flegrei, scoperta la causa: il nuovo studio

Un nuovo studio condotto in collaborazione tra l’Università degli Studi di Roma Tre e INGV, appena pubblicato su Communications Earth & Environment, indaga le cause della crescente sismicità dei Campi Flegrei, con terremoti anche intensi, fornendo preziosi spunti nel predire la magnitudo massima.

Terremoti ai Campi Flegrei: il nuovo studio sulla sismicità

La ricerca – intitolata Birth and growth of a volcanotectonic fault during the current volcanic unrest at Campi Flegrei caldera, pubblicata sulla prestigiosa rivista Communications Earth & Environment della casa editrice Nature – mostra che la sismicità dei Campi Flegrei si sta concentrando in una zona precisa della crosta: un segnale della formazione o riattivazione di una faglia. Questo processo spiega l’aumento del bradisismo e indica che la crosta non risponde più in modo puramente elastico. 

La caldera vulcanica, dalla seconda metà del 2005, mostra chiari segnali di disequilibrio tra sollevamento del suolo, sismicità locale a bassa profondità e incremento dei flussi di gas dalle zone fumaroliche. Questo processo, noto come bradisismo, a partire dal 2023 si è intensificato in modo significativo, con terremoti via via più frequenti e intensi.

In questo contesto si inserisce lo studio in questione che ha documentato la transizione, dal 2023 in poi, da una microsismicità diffusa in tutta la caldera ad una distribuzione più concentrata lungo un piano interpretabile coma la nucleazione o la riattivazione di una faglia, offrendo un importante contributo alla comprensione dei meccanismi sismici in atto.

“Il fenomeno osservato è fondamentale per spiegare la localizzazione e i meccanismi focali dei terremoti e suggerisce che il comportamento della crosta sia cambiato nel tempo. Questo può avere implicazioni rilevanti non solo per il potenziamento del monitoraggio, ma anche per la definizione della massima magnitudo attesa – ha spiegato Guido Giordano, professore ordinario dell’Università degli Studi Roma Tre e coordinatore della ricerca.

“La nostra indagine ha beneficiato di una enorme quantità di dati sperimentali di alta qualità, analizzati con metodologie innovative. Anche in questo caso, il connubio tra monitoraggio e ricerca scientifica si è rivelato essenziale per acquisire nuove conoscenze sui processi in corso ai Campi Flegrei, fornendo possibili chiavi di lettura per anomalie di piccola scala, come quelle registrate nell’area di Monte Olibano” – ha sottolineato Francesca Bianco, Dirigente di Ricerca dell’INGV.

Oltre al prof. Giordano, per Roma Tre hanno partecipato alla ricerca il prof. Francesco Salvini e la dott.ssa Giada Alfonsi, mentre oltre alla dott.ssa Bianco, per l’INGV hanno partecipato la dott.ssa Anna Tramelli, il dott. Mauro Di Vito ed il dott. Claudio Chiarabba.

Giornalista pubblicista, laureata in Comunicazione. Amo scrivere della mia città e dell'eccellenza che la connota da sempre