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L’Unità muore con la politica italiana

 

L’Unità, quotidiano nato nel 1922 per opera del suo fondatore Antonio Gramsci, dal primo agosto 2014 ha terminato  le sue pubblicazioni e la sua vendita in edicola. Quando chiude un giornale tra l’altro così importante e storico, c’è sempre dietro una grande tragedia: la fine del lavoro per tutti i dipendenti e il crollo di una voce importante per l’intero mondo politico e culturale. Antonio Gramsci non solo fu un abile pensatore, ma anche il protagonista nel 1921 della fondazione del Partito Comunista. L’anno seguente la nascita del partito decise di concretizzare il suo progetto fondando il quotidiano: l’Unità. Dietro il giornale c’è una storia molto lunga che fonda le sue radici negli albori del Novecento ma che racchiude in sé ideologie di pensatori ancor precedenti. L’Unità voleva in passato rappresentare il portavoce degli ideali del comunismo che tuttavia non erano riusciti a concretizzarsi secondo il progetto marxista per un problema di egemonia culturale.

Secondo Gramsci infatti il crollo del sistema capitalistico non era avvenuto secondo il modello previsto da Marx in quanto l’informazione era totalmente controllata dal regime dominante che non lasciava spazio a nuove idee cercando di mantenere saldo il suo status quo. Era dunque necessario formare una coalizione che potesse raggruppare intellettuali tradizionali e organici al fine di estirpare gli schemi socio-culturali della classe dominante sostituendoli con il comunismo.

Alla base dell’Unità vi era dunque un progetto ben organizzato, ma soprattutto una forte ideologia di fondo, perno centrale della fondazione del quotidiano. Le idee che un tempo supportavano il giornale sono oramai morte con il comunismo. Dunque essendo l’Unità un giornale di partito: morto il comunismo muore anche l’Unità. Tenendo conto di quanto detto non deve più sembrar strano il fatto che l’Unità chiuda i battenti quando al potere vi è il partito che lo favorisce. Ciò significa che suddetto partito non aspira più agli antichi valori del Novecento che hanno fondato e sostenuto il quotidiano che, con questi nuovi presupposti, non ha più bisogno di esistere.

I problemi redazionali di natura economica che hanno portato alla chiusura del giornale iniziano già nel 1997 quando le vendite incominciano a crollare sempre di più finchè il 28 luglio 2000 l’Unità cessa di pubblicare. Incominciarono poi ad alternarsi periodi bui e migliori dove il quotidiano ricomincia a pubblicare ma con un susseguirsi spaventoso di direttori e vicedirettori che deviano il percorso ideologico del giornale a seconda delle loro prospettive. Tutto ciò ha evidentemente scombussolato l’atmosfera all’interno della redazione. Per garantire la rinascita dell’Unità, molti hanno accolto la proposta di Claudio Giua: crowdfunding reward-based. Questo nuovo sistema che si sta diffondendo in rete permette di raccogliere fondi online contribuendo alla svolta economica del giornale. Per coloro a cui sta a cuore la vicenda verrà donata una ricompensa simbolica. Certo il crowdfunding potrebbe essere una possibile soluzione ma ancora troppo debole per poter risollevare le sorti del giornale. Un’altra proposta concreta ma alquanto insolita consisterebbe nel vendere la testata alla coppia Daniela Santanchè e Paola Ferrari  o anche a Matteo Fago e Matteo Arpe. Tenendo sempre conto che l’Unità dovrebbe essere un giornale di partito, vendere la testata a persone di un’ ideologia opposta eliminerebbe il senso del giornale di Gramsci e rappresenterebbe la sua vera sconfitta.