3 ottobre 1839 – 3 ottobre 2019. Sono passati esattamente 180 anni da un grande primato delle Due Sicilie: la prima ferrovia italiana. Con l’arrivo del presidente Mattarella, molti i dubbi storici che si leggono chiaramente sul web: “Cosa c’entra con un primato fatto quando l’Italia ancora non esisteva e il Sud era indipendente?” oppure “lo stato italiano ha l’unico ‘merito’ di aver fatto fallire e chiudere Pietrarsa, commettendo anche il famoso eccidio contro i suoi operai che stavano per essere licenziati“.
Il Movimento Neoborbonico, in queste ore, ha collocato sul corso Garibaldi a Napoli uno striscione di 10 metri per sottolineare il degrado e l’abbandono nei quali versano i resti della stazione della prima ferrovia italiana inaugurata da Ferdinando II di Borbone il 3 ottobre del 1839, esattamente 180 anni fa.
“Così hanno ridotto la prima ferrovia italiana” il testo chiuso dallo slogan neoborbonico “Memoria Orgoglio e Riscatto”. Si tratta ormai di pochi ruderi completamente coperti da “una giungla” per un luogo che ricorda uno dei tanti primati tecnologici, economici, culturali e sociali del Regno delle Due Sicilie.
I militanti neoborbonici hanno così sottolineato i mancati interventi di questi anni da parte degli enti locali e nazionali dal Comune alla Regione e alle Ferrovie Italiane. A questi enti i neoborbonici hanno anche inviato (gratuitamente) un progetto per il restauro e la valorizzazione museale e multimediale di un sito che in qualsiasi altra parte dell’Italia e del mondo sarebbe già stato utilizzato e valorizzato unendo memoria ed economia, perché tutto ciò porterebbe turismo e lavoro.
Nicola Zitara nel suo libro “L’invenzione del Mezzogiorno” dimostra chiaramente che, seppur dopo il 1839, al Nord nascevano più ferrovie (con locomotive che compravano dalle industrie del Sud), perché i Savoia seguivano un disegno economico basato sul debito (come d’altronde il nostro filone economico odierno), e infatti si indebitarono talmente tanto per le guerre e le “nuove tecnologie”, che infine dovettero invadere il Sud con l’aiuto di Francia e Inghilterra, loro creditori, per attuare di fatto l’unità d’Italia, distribuendo gran parte delle ricchezze nel Centro Nord.
Riportiamo qualche frase del suo libro: “Dal 1831, il Regno delle due Sicilie prima, e dal 1851 il Regno Sabaudo poi, imboccano la via della modernizzazione. Lo fanno seguendo schemi totalmente diversi. I Borbone non amavano indebitarsi; Cavour, invece, indebitò il Piemonte con i Rothshild e altri banchieri, per costruire quanti più chilometri di ferrovia potesse. Ferdinando II preferiva invece, vedere le opere concrete (chiavi in mano), anche a costo di finanziare imprenditori stranieri, senza debiti, tanto da rimandare il progetto di una grande rete ferroviaria, che però si stava concretizzando lentamente”.
Insomma: niente di nuovo sotto i cieli italiani.