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La Questione Meridionale anche nel calcio: solo 8 squadre del Sud tra A e B

Il prossimo Campionato di Serie A vedrà prendere parte solo 4 squadre del Sud su 20 partecipanti: Napoli, Benevento, Crotone e  Cagliari. Stesso numero per le squadre del Mezzogiorno nella serie cadetta: Cosenza, Salernitana, Reggina e Pescara. Tali dati sembrano far tornare l’Italia calcistica al 1926 prima della Carta di Viareggio e la nascita di un Campionato unico nazionale; con il Meridione d’Italia rappresentato solamente da Napoli, in quanto le squadre romane, anche se allora inserite nel Girone Centro-Sud, non vanno considerate come squadre del Mezzogiorno, per ragioni storiche e culturali della città di Roma.

Dati lontani dalla Serie A 2008-09 in cui vi erano ben sei squadre di calcio del Sud su 20: Napoli, ritornata da poco in massima serie dopo i difficili anni a cavallo del nuovo millennio con Palermo, Catania, Reggina e Cagliari. O dai campionati della massima Serie degli anni ’80 dove oltre ai partenopei vi era anche la presenza di squadre come il Catanzaro, Lecce, Avellino, Pescara e Catania (la Serie A 1979-80 vide ben 5 squadre del Sud su 16: Napoli, Catanzaro, Pescara, Avellino e Cagliari).

Perché tale crisi del calcio meridionale che a parte il Napoli, un caso a sé, e squadre dalla proprietà solida come il Benevento, Crotone, Lecce, Salernitana di Lotito e Bari di De Laurentiis (quest’ultime hanno però il problema della multiproprietà dei loro presidenti che le impedisce di poter aspirare a una Serie A) vive ogni anno fallimenti, penalizzazioni (vedi Trapani nella stagione appena conclusa) o anonimi risultati sportivi, come il Catania degli ultimi anni??? Sono il frutto della crisi economica del 2008 che ha colpito in maniera drammatica soprattutto il Sud, che da sempre riceve meno fondi pubblici rispetto al Nord (basti pensare ai dati SVIMEZ o tra il 2000 e il 2017 dove sono stati sottratti all’ Italia Meridionale qualcosa come 840 miliardi). La crisi economica di conseguenza si è riversata anche nel calcio, con il crollo in Serie C di squadre come il Catania e i fallimenti di Salernitana (2011), Reggina (2014), Lanciano (2016), Messina (2017), Avellino e Bari (2018), Palermo, Foggia e Matera (2019). C’è anche da aggiungere che il calcio moderno è fondato sui diritti televisivi e sul business, non sul botteghino come accadeva negli anni ’80 e una macro area economica depressa come il Sud Italia non attrae investimenti da parte di gruppi imprenditoriali solidi. Né locali e né stranieri, che preferiscono investire in un’area che riceve, come sopraccitato in precedenza, fior di fondi pubblici e di conseguenza progredita a livello economico come la parte settentrionale della penisola.

La presenza non solo di gruppi economici potenti come il gruppo Suning nell’Inter, Exor-Agnelli nella Juventus, Fondo Elliot nel Milan e Friedkin nella Roma, ma anche quelle della famiglia Squinzi a Sassuolo, la famiglia Percassi a Bergamo con l’Atalanta, Rocco Comisso nella Fiorentina; e persino la neopromossa Spezia ha Gabriele Volpi che con le fortune fatte in Africa vanta un notevole patrimonio personale, sono i perfetti esempi degli investimenti fatti.

La questione meridionale che attanaglia il Sud da 160 anni, è presente anche nel mondo del calcio, una crisi quella delle squadre del Sud che rischia di aggravarsi ancor di più con la situazione legata al Covid-19 con stadi chiusi e conseguenza assenza di soldi del botteghino, vitali per le squadre di Serie C, soprattutto per quelle meridionali, che ricevono pochissimi soldi dalle Pay TV