Anche l’allenatore Luciano Spalletti ha parlato del silenzio dei tifosi del Maradona e la protesta degli Ultras contro la società Calcio Napoli. Il mister aveva affrontato l’argomento nella conferenza stampa precedente la partita Napoli-Milan, poi finita con un passivo pesantissimo: probabilmente, come si dice nella nostra città, se lo sentiva scendere. In altre parole, Spalletti aveva forse aveva compreso che si era messa male, fiutando l’ambiente e l’aria che tirava tra i giocatori.
“Io dico che tutto quello che abbiamo ottenuto sinora, lo abbiamo ottenuto grazie anche ai nostri tifosi. Tutte le componenti insieme ci hanno conferito questi successi e se viene a mancare anche una sola componente siamo penalizzati. Io comprendo che si possano fare dei sacrifici per comprare i biglietti, ma protestare in questo modo e non sostenere la squadra ci penalizza quasi come la mancanza di Osimhen. E dal punto di vista mio non è giusto penalizzare la squadra, pur ringraziando chi compie degli sforzi per seguirci allo stadio”.
È chiaro che Spalletti, parlando di tifosi, si riferisca in tal modo agli ultras ed al tifo organizzato. È quello il luogo della protesta, non i sostenitori che non hanno si fanno il problema né economico né di passione nel momento in cui vedono lievitare il prezzo di un biglietto nel settore inferiore della curva fino a 90 euro, o quando gli viene vietato di introdurre una bandiera o un megafono.
Dopo 33 anni Napoli ed il Napoli si accingono a vivere un nuovo momento storico, al quale tuttavia si vogliono tarpare le ali mediante diversi stratagemmi, tra cui l’organizzazione di una festa a numero chiuso e su prenotazione a Piazza del Plebiscito. Equivale a stroncare parte di gioia attesa in maniera così febbrile e negli scorsi anni accarezzata e mai raggiunta. È pensiero che va a snaturare il calcio come sport popolare e lo rende un bene di lusso, trasformandolo in spettacolo per le élite che se lo possono permettere.