Cultura

Jean-Paul Sartre, lo scrittore francese che visitò Capri e se ne innamorò: “Capri è sacra”

Lo scrittore francese Jean-Paul Sartre, importante rappresentante dell’esistenzialismo francese, visitò Capri, da cui rimase fortemente affascinato e Napoli, che anche se non lo ammaliò come l’isola, riuscì a trasmettergli un certo fascino ambiguo: un misto di amore e orrore.

Jean-Paul Sartre, chi era lo scrittore francese innamorato di Capri

Jean-Paul-Charles-Aymard Sartre fu un filosofo, scrittore, drammaturgo e critico letterario francese, considerato uno dei più importanti rappresentanti dell’esistenzialismo. Fu fautore di un umanesimo ateo in cui ogni individuo risulta essere radicalmente libero e responsabile delle sue scelte, ma allo stesso tempo in una prospettiva soggettivista e relativista. In seguito Sartre divenne anche un sostenitore dell’ideologia marxista, della filosofia della prassi e anche del conseguente materialismo storico.

L’amore per Capri e la contemplazione del paesaggio

Sartre visitò Napoli nel 1936 per la prima volta. In una lettera alla sua discepola e amante Olga Kosakiewicz, descrisse il viaggio come un’esperienza di “spaesamento sensoriale”. Più tardi, nel 1951, Sartre partì per intraprendere un nuovo viaggio in Italia che avrebbe ispirato “La regina Albemarle o l’ultimo turista”, la cui protagonista era proprio la figura della regina Albemarle.

Il filosofo sarebbe rimasto poco a Napoli, che descrisse come una “città che riversa fuori se stessa ogni suo elemento” preferendo l’isola di Capri, dove si immerse nella contemplazione del paesaggio “duro come la roccia e soffice come la vegetazione, una terra nera e fertile che è stata prima africana, poi greca e romana”. Infatti, proprio a proposito del fascino della nostra bellissima isola, citiamo delle parole dello stesso Sartre, che descrivono quanto di bello ha da offrire Capri: “Capri è sacra. L’obiettivo non è vederla, ma avvertirvi una certa qualità di emozione“.

Il fascino ambiguo di Napoli: “L’amo e ne ho orrore”

Sartre non riservò parole molto positive per la città partenopea, sottolineando spesso i suoi lati negativi, senza risparmiarsi:

“A Napoli ho scoperto l’immonda parentela tra l’amore e il cibo. Non è avvenuto all’improvviso, Napoli non si rivela immediatamente: è una città che si vergogna di sè stessa; tenta di far credere agli stranieri che è popolata di casinò, ville e palazzi. Sono arrivato via mare, un mattino di settembre, ed essa mi ha accolto da lontano con dei bagliori scialbi; ho passeggiato tutto il giorno lungo le sue strade diritte e larghe, la Via Umberto, la Via Garibaldi, e non ho saputo scorgere, dietro i belletti, le piaghe sospette che esse si portano ai fianchi.
Verso sera ero capitato alla terrazza del caffè Gambrinus, davanti a una granita che guardavo malinconicamente mentre si scioglieva nella sua coppa di smalto. Ero piuttosto scoraggiato, non avevo afferrato a volo che piccoli fatti multicolori, dei coriandoli. Mi domandavo: «Ma sono a Napoli? Napoli esiste?”.

Secondo Sartre, i cittadini napoletani non sono intelligenti, mettono piante ovunque e non si curano di aggiustare le loro strade. Nonostante ciò, lo scrittore francese definì il loro modo di vivere come “fascinating and deep”, affascinante e profondo. Infatti, Sartre, anche se non rimase positivamente colpito dalla città partenopea, non poté fare a meno di innamorarsene, seppur provasse allo stesso tempo un sentimento di orrore:

“Napoli si avvicina. Come ogni volta, prima di arrivarci, ho una stretta al cuore. Attraversiamo un frutteto deserto. So molto bene, troppo bene, ciò che troverò a Napoli. È una città in putrefazione. L’amo e ne ho orrore“.

Le parole di Sartre testimoniano il fascino ambiguo della città partenopea, che nel corso dei secoli ha ammaliato diversi personaggi stranieri sparsi nel mondo.

 

Fonti:

http://www.naplesldm.com/sartre.php
https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Paul_Sartre
https://www.visitnaples.eu/en/neapolitanity/tales-of-naples/naples-in-world-literature-5-great-writers-who-wrote-about-the-city