Storia

Martiri delle Foibe, quando Napoli accolse i profughi e allestì una baraccopoli

Oggi 10 febbraio si ricordano i martiri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Napoli, da sempre città dell’accoglienza, fece la sua parte: accolse i profughi provenienti da Istria, Fiume e Dalmazia.

Nonostante i tanti chilometri di distanza, il legame tra Napoli e quei profughi è ancora oggi molto forte.

Centinaia di migliaia di persone fuggirono verso l’Italia per evitare di finire nelle foibe per mano dell’esercito jugoslavo dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Tra i 109 “Centri raccolta profughi” che ospitarono gli esuli, due erano a Napoli e il più grande, si trovava nel Bosco di Capodimonte.

Questo fu in grado di ospitare mille persone arrivate dall’Istria, dalla città di Fiume e dalla Dalmazia. Le realtà associative degli esuli e la Soprintendenza del Bosco di Capodimonte insieme al Comune di Napoli, nel 2016 inaugurarono una targa commemorativa nel luogo, poco lontano da Porta Miano, dove fu allestita la baraccopoli che nel 1947, e per una decina d’anni, accolse quei profughi.

Targa commemorativa a Capodimonte

Alcuni di questi poi si trasferirono in altre città italiane, altri rimasero qui e si fusero con i napoletani.

massacri delle foibe sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili, italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nel secondo dopoguerra, da parte dei partigiani jugoslavi e dell’OZNA. Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici, che lì sono chiamati “foibe”, dove furono gettati molti dei corpi delle vittime.

Dopo il massacro delle foibe ci fu l’esodo giuliano dalmata, in cui cittadini di etnia e di lingua italiana furono costretti ad emigrare per evitare di essere uccisi.

Stabilire il numero esatto delle vittime è impossibile, ma si stima che i morti furono tra i 3000 e i 5000, mentre alcune fonti fanno salire questo numero fino a 11000