Se, infatti, le intenzioni iniziali del ministro del Lavoro e dello Sviluppo erano quelle di conferire a singoli individui disoccupati 780 euro mensili – salvo ritirare questo forma di ammortizzatore sociale dopo un eventuale triplo rifiuto di un lavoro proposto da un Centro per l’impiego -, Di Maio adesso si è reso conto che per lo Stato italiano sarebbe un esborso eccessivo, anche in base al rapporto deficit/Pil imposto dall’Unione Europea. Gli stessi Centri per l’impiego (che sostituiscono i centri di collocamento), cui solo il 3% di chi vi si rivolge trova lavoro, vanno ampiamente riformati.
In considerazione di ciò l’idea del ministro sarebbe quella di chiudere velocemente il tavolo aperto con le Regioni, che gestiscono i Centri, per dire che vi è un accordo su come riformarli e rispettare, almeno formalmente, la ‘scaletta’ indicata dal premier Giuseppe Conte nel suo discorso di insediamento. E avere così le mani libere per introdurre dal 2019 i primi sussidi al Sud o un ampliamento del Rei, il reddito di inclusione per i poveri voluto dal governo del Pd. Si potrebbe partire, spiega la fonte, da importi sotto i 500 euro mensili e da un ampliamento della platea del Rei dalle attuali 800.000 persone a 1,8 milioni.